Centrale a biomasse nei pressi dell’abbazia di Cerrate: si mobilitano Fai e sindaci
Il progetto presentato da un’azienda romana, Agrienergia Circolare 6 srl, teso a creare una centrale a biomasse a soli 500 metri dalla splendida Abbazia di Santa Maria di Cerrate, fa scattare l’allarme rosso fra le comunità e le amministrazioni di Surbo e Trepuzzi, aggregando i contrari trasversalmente agli schieramenti politici così come il Fondo Ambiente Italiano, che sul recupero e la valorizzazione di questo luogo, diventato uno dei “luoghi del cuore del Fai” più apprezzati d’Italia, ha tanto investito negli ultimi anni.
Il fronte variegato che si oppone a questo progetto ricorda come la zona in questione sia stata già abbondantemente sottoposta ad uno stress paesaggistico, fra le grandi estensioni di pale eoliche giganti esistenti nello spazio che la separa da Lecce, la devastazione della Xylella e l’impatto drammatico di alcune patologie tumorali da inquinamento.
Secondo Agrienergia circolare, la centrale in questione dovrebbe nascere in zona “Cafore” e sarebbe destinata ad una produzione annua stimata in circa 8 milioni di metri cubi di gas ecologico da immettere nella rete Snam, grazie al trattamento di oltre 89mila tonnellate all’anno di masse di diverso tipo (tra cui 72mila di sansa denocciolata e più di 9mila di liquame e letame bovino)
A questo punto occorre tuttavia precisare come quest’area, pur trovandosi più vicina geograficamente ai territori di Surbo e Trepuzzi, ricada nell’agro del Comune capoluogo, Lecce. L’amministrazione guidata da Adriana Poli Bortone sta valutando il da farsi ma, pur pressata da più parti, non ha ancora preso una posizione ufficiale sulla questione, e si attende a breve l’organizzazione di un vertice fra i sindaci dei Comuni coinvolti e il presidente del Fai, Marco Magnifico il quale ieri, intervistato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, ha espresso le ragioni della propria contrarietà, che non sono affatto “ideologiche”.
Pur esprimendosi a favore di un tale tipo di impianto, Magnifico ha fatto presente come vi siano luoghi ben più idonei di quello individuato per costruirlo. Cerrate attrae infatti decine di migliaia di visitatori all’anno, e sarebbe un pugno nell’occhio, e anche allo stomaco, considerati i miasmi che questo tipo di impianto produce, deturparne il fascino e il potere attrattivo della sua bellezza architettonica.
Il presidente del Fai sottolinea anche di aver scritto a tutti i presidenti di Regione, invitandoli a operare con estrema attenzione in merito alla localizzazione degli impianti che, a vario titolo, si inseriscono nell’ambito della produzione di energie alternative a quelle fossili, suggerendo caldamente di inserirli in contesti già industrializzati o interessati da altre opere edilizie.
La regione Puglia sta cercando di regolamentare la questione, con la pubblicazione proprio in questi giorni di un quadro contenente le “disposizioni per l’individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili” (Dl n.222 del 23 ottobre 2024). Se è vero che essi contiene l’indicazione di alcune aree naturali che occorre salvaguardare per il loro valore paesaggistica, il Disegno si inserisce comunque nell’ambito dell’aspirazione a restare l’eldorado d’Italia per la produzione di energie rinnovabili, e questo non può che creare estrema preoccupazione, visto come il paesaggio naturale pugliese sia stato già orribilmente segnato da tali impianti, diffusisi come i funghi dopo le piogge in autunno, specialmente in certe zone.
Oltre al profitto che ne hanno ricavato i privati e le multinazionali del settore, questi impianti non hanno arrecato alcun beneficio alla collettività. Semmai hanno fatto avanzare la desertificazione, che non ci pare sia un coadiuvante nella lotta al surriscaldamento del pianeta. Pensare inoltre di combattere questo problema, di carattere globale, con il sacrificio della minuscola Puglia, significa abusare dell’intelligenza delle persone.