Antonello De Gennaro (Candidato Sindaco Taranto): Taranto è ostaggio dei politicanti (La Video intervista)

Da cronista scomodo a candidato sindaco con L’Altra Taranto. L’intervista esplosiva che scuoterà la città
Non è una semplice intervista. Non può esserla. Quella tra Antonio Rubino e Antonello De Gennaro, andata in onda su Puglia Press nella trasmissione Botta e Risposta, è più un duello dialettico, una radiografia cruda e senza anestesia della politica tarantina.
Antonello De Gennaro non è un candidato qualunque. È un giornalista. Uno di quelli che conoscono le carte, i retroscena, le trame. Per anni ha raccontato Taranto dal banco dell’accusa. Ora ha deciso di spostarsi dalla cronaca all’azione, candidandosi a sindaco con la lista civica L’Altra Taranto.

Ma cos’è questa Altra Taranto? «È quella parte della città che da anni non vota, che si rifiuta di sostenere candidati imposti, che si è stancata di politici improvvisati e assessori senza competenze», dice De Gennaro. E lo dice con la voce di chi non ha nulla da perdere. «A Taranto c’è gente che entra in Consiglio comunale con 300 voti. C’è gente che fa l’assessore senza sapere nemmeno come funziona un bilancio».
Nel suo racconto, Taranto appare come una città sotto sequestro. Ostaggio di una politica che ha perso il senso del dovere e del decoro. De Gennaro non fa nomi, ma il tono è chiaro: «Io non li chiamo politici. Li chiamo politicanti. E sono sempre gli stessi da trent’anni».
Rubino, che conosce bene l’arte dell’intervista ma anche il linguaggio della verità, lascia parlare. Stimola. Incassa anche le provocazioni. Perché quella che si svolge davanti alla telecamera non è solo un confronto: è una denuncia.
«Taranto ha bisogno di una rottura radicale. Di qualcuno che non abbia paura di dire no. Che abbia il coraggio di togliere la maschera al sistema», incalza De Gennaro. E aggiunge: «Io non prometto mari e monti. Prometto di non rubare, di non tradire, di non vendermi».
Parole che pesano come macigni in una città abituata agli slogan e stanca delle illusioni. Ma anche parole che trovano un’eco forte in chi, da tempo, si è allontanato dalle urne.
Nel corso dell’intervista, De Gennaro racconta storie. Episodi. Aneddoti che fanno accapponare la pelle. Di appalti, nomine, favoritismi. Di consiglieri che non sanno nemmeno cosa deliberano. Di assessori che non hanno mai letto un regolamento.
«Taranto può salvarsi solo se la gente perbene si sveglia. Se chi ha le mani pulite decide di sporcarsi le scarpe e di scendere in campo. Io l’ho fatto. Non per carriera, ma per dignità».
Rubino lo incalza: «Ma lei ha un programma? Una visione?»
De Gennaro non si sottrae: «Sì. Il mio programma è semplice: legalità, trasparenza, competenza. E rispetto per i cittadini. Basta con i favori agli amici e ai parenti. Basta con i fondi pubblici usati come bancomat».
L’intervista si fa incandescente quando si tocca il tema delle alleanze. «Io non mi alleo con nessuno che abbia avuto ruoli negli ultimi vent’anni. Questa è la mia garanzia. Se vengo eletto, non mi vedrete mai a braccetto con chi ha contribuito al declino di Taranto».
È un fiume in piena. Ma è anche lucidissimo. Sa dove colpire. Conosce i meccanismi. E li smonta pezzo per pezzo, con la competenza di un cronista d’inchiesta e la passione di un cittadino deluso.
Nel finale, Rubino prova a riportare la conversazione sul piano personale: «Chi glielo ha fatto fare?»
De Gennaro risponde con una calma disarmante: «La coscienza. Perché a un certo punto, raccontare non basta più. Devi agire».
Ma l’intervista non si chiude qui. De Gennaro rincara la dose.
Parla di dirigenti nominati senza concorso. Di bandi cuciti su misura. Di gare d’appalto con un solo partecipante. Di fondazioni che distribuiscono incarichi come caramelle. Di cittadini trattati da sudditi e non da titolari di diritti.
«La mia battaglia è per riportare decenza nella pubblica amministrazione. Non è possibile che Taranto, con tutte le sue potenzialità, venga amministrata da chi non sarebbe in grado di gestire nemmeno un condominio».
Poi si parla di partecipate. De Gennaro spara a zero: «Le aziende pubbliche sono diventate rifugi per amici degli amici. Non producono servizi, producono consenso. E intanto la città affonda tra rifiuti, buche e degrado».
Sull’Ilva: «L’acciaio ha impoverito questa città. Ci ha dato qualche stipendio ma ci ha tolto la salute. Il futuro non può passare dal cancro. Punto».
Ogni tema è un terreno di scontro. Ma anche un’occasione per proporre alternative. «Taranto ha bisogno di un sindaco che dica la verità. Anche quando fa male. Che non nasconda la polvere sotto il tappeto. Che non si pieghi ai padrini politici».
Un’intervista che più che un racconto sembra un interrogatorio pubblico alla politica cittadina. Ma con una differenza: stavolta non ci sono vie di fuga.
Alla fine, Rubino chiude con una domanda secca: «Lei non teme querele?»
De Gennaro sorride, si alza, si toglie il microfono. «Ho i fascicoli. E ho la coscienza a posto. Chi vuole querelare, venga pure. Ma prima guardi i documenti».
Guarda l’intervista senza censura: