On. Chiarelli (UDC): «Taranto unica grande città con un solo Pronto Soccorso: è inaccettabile»

Sanità in crisi: il commissario regionale dell’UDC attacca la gestione regionale e denuncia il grave squilibrio nell’assistenza sanitaria.
TARANTO – La sanità pugliese, e in particolare quella tarantina, si trova in una condizione di forte sofferenza. Il capoluogo ionico è in una situazione che sta mettendo in ginocchio il sistema di emergenza-urgenza, con operatori sanitari sottoposti a turni massacranti e un’offerta di cure drammaticamente insufficiente rispetto alla domanda.
Il commissario regionale dell’UDC, on. Gianfranco Chiarelli, denuncia con forza il problema e attacca la gestione della sanità regionale, sottolineando come le scelte compiute abbiano penalizzato pesantemente Taranto e la sua provincia: «Taranto è l’unica grande città italiana ad avere un solo Pronto Soccorso all’interno della propria giurisdizione urbana. Nessun capoluogo di provincia, anche con un numero inferiore di abitanti, si trova nelle stesse condizioni. Chiuso erroneamente negli scorsi anni quello dell’ospedale Moscati, resta operativo – e funzionante – soltanto il Pronto Soccorso del SS. Annunziata. Una struttura allo stremo, costretta con i suoi operatori socio-sanitari ad orari di lavoro massacranti, a sistemi di turnazione non in linea con un Paese che si vuole ancora definire civile».
L’attesa per l’entrata in funzione del nuovo ospedale San Cataldo non basta a colmare il divario tra la domanda di assistenza e l’offerta attuale. Taranto e i comuni limitrofi contano oltre 300 mila abitanti, una popolazione che non può essere adeguatamente assistita da un solo Pronto Soccorso.
«Le cronache sono piene di disagi e inconvenienti che colpiscono – sottolinea l’on. Chiarelli – pazienti e medici costretti a cimentarsi in una situazione siffatta. Complice una politica regionale, destinataria delle competenze in materia sanitaria dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, sorda ai ripetuti richiami provenienti da questo lembo di territorio pugliese e con scarsa competenza su cosa significhi garantire, non semplicemente a parole, standard sufficienti e qualitativamente apprezzabili sui temi del disagio. Specie per quel che concerne la cura del malato».
Un problema che non si limita solo all’emergenza-urgenza, ma che si riflette anche sulla carenza di personale medico e infermieristico, numericamente inferiore rispetto alle altre province pugliesi, e sulla scarsità di posti letto. Un deficit strutturale aggravato dall’assenza di interventi risolutivi nei vari Piani di Riordino Ospedaliero adottati negli ultimi anni.
A questo si aggiunge, secondo Chiarelli, un atteggiamento ipocrita da parte di chi oggi propone soluzioni che avrebbero potuto essere adottate molto tempo fa: «ci vuole una bella faccia tosta a chiedere di raccogliere le firme perché si istituisca un secondo Pronto Soccorso, così come fatto dal Partito Democratico jonico nelle scorse settimane, quando sarebbe stato sufficiente che il governo di centrosinistra, del quale il PD fa parte, avesse agito perché il problema fosse nei fatti, concretamente, risolto.»
Di fronte all’immobilismo della politica regionale, si fanno strada ipotesi di nuovi modelli di assistenza, compresa la possibilità di strutture di Pronto Soccorso private. Su questo punto, il commissario regionale dell’UDC si dice aperto al dibattito, purché il ruolo del pubblico resti centrale: «si ipotizza la possibilità che, per la prima volta nella storia della nostra sanità, vengano istituiti Pronto Soccorsi privati. Sembra dunque che questo tipo di attività medico-ospedaliera non debba essere più, e solo, di pertinenza del pubblico. Da chi, come me, ha una formazione politico-culturale improntata ai valori liberali, crede al mercato, alla sua funzione imprescindibile in una società aperta, non perverranno mai obiezioni a soluzioni di questo tipo. Ad una condizione, però: il privato deve integrarsi al pubblico, non sostituirlo. Cominciando da Taranto, ove possibile».
La situazione di Taranto, conclude Chiarelli, rappresenta un’anomalia inaccettabile nel panorama sanitario nazionale.