“Giù le mani dai sindaci”: i sindaci pugliesi in Regione contro l’incandidabilità
Si è tenuta presso la sala “Agorà” del Palazzo della regione Puglia un momento di protesta di un gruppo nutrito di sindaci pugliesi dal titolo “Giù le mani dai sindaci“, per protestare contro il decreto, approvato a scrutinio segreto lo scorso dicembre dal Consiglio regionale, che sancì l’incandidabilità dei primi cittadini pugliesi alle elezioni regionali a meno di non dimettersi 6 mesi prima del voto.
La mobilitazione è stata voluta in prima persona dal sindaco di Bari Vito Leccese ed è stata caratterizzata anche dalla sottoscrizione di un documento in cui si chiede essenzialmente il rispetto di un diritto costituzionale, sancito dall’articolo 51 della Costituzione, che garantisce a tutti i cittadini l’eguaglianza nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive, e la contestuale modifica del decreto da parte del Consiglio in tempo utile, prima dello scioglimento dell’assise in vista delle Regionali di quest’anno, col ritorno alla semplice “incompatibilità” fra la figura di sindaco e di consigliere regionale.
A supporto delle loro ripetute rimostranze verso la norma, i sindaci hanno ripetutamente fatto presente come sia penalizzante pensare di determinare lo scioglimento anticipato di un Consiglio regionale senza che il sindaco che abbia intenzione di candidarsi alla Regione abbia nemmeno la certezza di essere eletto.
Ciò è vero, ma deontologia professionale, ammesso e non concesso che la politica, che dovrebbe essere l’arte di occuparsi della cosa pubblica ne presenti significativamente, vorrebbe pure che chi si prende la responsabilità, l’onere e l’onore, di guidare un’amministrazione comunale, porti a termine il proprio mandato prima di valutare, eventualmente, di percorrere oltre il proprio cursus honorum.
Il provvedimento, va detto, è stato impugnato recentemente dal Governo presso la Corte costituzionale in quanto ritenuto viziato, appunto, da profili di incostituzionalità, ma fu approvato, su proposta di un gruppo di consiglieri di centrodestra, da una maggioranza trasversale, che comprendeva evidentemente anche molti consiglieri della maggioranza di centrosinistra.