Sfruttati per rendere il mondo più brutto: il destino degli immigrati al servizio della multinazionale del fotovoltaico. La sentenza.

La Corte d’Assise d’Appello di Lecce, in parziale riforma di quanto stabilito in primo grado per sopravvenuta prescrizione dei reati, ha rivisto al ribasso le pene inflitte nei confronti dei dirigenti della “Tecnova Italia”, i quali hanno si sono serviti della collaborazione di lavoratori provenienti da Guinea, Marocco, Senegal e Tunisia per installare campi di pannelli fotovoltaici nel leccese e nel brindisino.
Il reato accertato in primo grado di giudizio, quello di “associazione per delinquere” è nel frattempo andato in prescrizione e questo, unitamente al mancato riconoscimento della “riduzione in schiavitù”, ma solo dell’estorsione ai danni di centinaia di migranti, ha determinato un dimezzamento delle pene ai danni degli imputati, così quantificati: 18 anni di reclusione a 9 anni, più 2mila euro di multa, per il socio amministratore Fernando Josuè Martinez Bascunana, spagnolo di 51 anni; da 16 anni a 9 anni a testa, più 2mila euro di multa, per il socio colombiano Luis Miguel Castellanos Cardenos, di 46, e Luis Manuel Nunez Gutierrez, di 51, spagnolo, amministratore, della sede brindisina di Tecnova.
E’ stata comunque riconosciuto, ai danni degli imputati, il fatto di aver retribuito con paghe molto inferiori a quanto riportato dalle bustepaga i lavoratori che lavoravano, in turni massacranti e sotto ogni condizione meteorologica per conto della Tecnova nelle campagne di tutto il Salento, da Francavilla Fontana a Collepasso, nonché a ritirare, sotto la minaccia del licenziamento, le denunce che gli immigrati volevano sporgere nei loro confronti. Da qui il reato di “estorsione”.
I fatti risalgono al 2011, guarda caso il “periodo d’oro” del fotovoltaico selvaggio nella Regione Puglia, quando il Salento tutto è diventato, prima ancora del disseccamento degli ulivi, un territorio dove sperimentare un’inedita forma di sfruttamento del territorio, alla faccia proprio di quei principi di sostenibilità e salvaguardia del territorio dal rischio desertificazione che tanto vengono invocati.
Il paradosso più grande in fondo è questo, oltre al regime di lavoro disumano, schiavistico o no che dir si voglia, al quale i lavoratori immigrati venivano sottoposti: che essi lavorassero senza diritti e senza tutele non per erigere le piramidi di Giza, ma al fine di rendere il mondo un posto assai più brutto nel quale vivere.