Come convivere con i lupi. Se n’è discusso in un convegno a Brindisi.

La Biblioteca provinciale di Brindisi ha ospitato ieri sera un convegno dal titolo “Il lupo selvatico nel territorio pugliese”, organizzato dalla Provincia di Brindisi e dal Centro Fauna Selvatica.
Scopo dell’iniziativa, che ha visto la presenza di un folto pubblico in aula, porre fine a quella che i relatori hanno definito un’ingiustificata caccia alle streghe nei confronti di questa specie protetta, simbolo da sempre di paure ancestrali nell’immaginario collettivo.
I recenti fatti di cronaca accaduti nel sud Salento, con l’uccisione di varie animali domestici, anche di affezione fra l’altro, richiedevano la necessità di una chiarificazione, diretta innanzitutto nei confronti degli organi di stampa (il convegno era riconosciuto infatti dall’Ordine dei giornalisti come momento formativo) affinché si facciano portavoce della reale portata del fenomeno.
Innanzitutto, c’è stata un’epoca storica, i primi anni ’70 nella quale, a causa della caccia indiscriminata e della deforestazione, il numero di esemplari di lupo nel territorio nazionale era davvero sceso a pochissime centinaia, ridotti a vivere in aree di alta montagna assai circoscritte. Certamente, in quel periodo, esso era sparito dal territorio pugliese.
Nel 1973, ha ricostruito quindi il Prof. Ettore Randi, docente di Genetica della Conservazione presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Bologna, arrivò quindi provvidenziale un primo decreto legge, emanato dal ministero delle Foreste, che nominava il lupo specie protetta e poi, dopo pochi anni, vista la permanenza del rischio estinzione, “specie particolarmente protetta”.
Questa protezione rafforzata, ha portato i suoi frutti: il censimento condotto fra il 2021 ed il 2022 da ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha consentito di stimare la presenza di circa 3300 esemplari in Italia, così suddivisi: 850 (circa) nelle Alpi e 2400 negli Appennini, sempre approssimativamente. A confronto, il numero di cani complessivi presenti in Italia è di circa 13 milioni di esemplari.
Il lupo, ha specificato Antonio Iannibelli, fotografo naturalista e divulgatore scientifico, che ha mostrato alla platea presente divertenti filmati nei quali un esemplare di lupo provava, del tutto inutilmente, a ghermire dei caprioli troppi più agili e veloci di lui, si riproduce una sola volta all’anno, ma la media di sopravvivenza a due anni è solo del 25% circa.
In Puglia essi si sono riaffacciati dopo il 2000, a partire dal Gargano e poi dalla Murgia, sconfinando ora nelle pianure salentine in virtù del fatto che, con il numero aumentato, le riserve di caccia sono andate diminuendo, in quanto ogni nucleo familiare di lupi è portato a pretendere in esclusiva, l’utilizzo di aree vaste anche un centinaio di km quadrati, spostandosi essi molto rapidamente e migrando anche.
Tale crescita numerica è stata un fatto del tutto naturale, il risultato del regime di protezione al quale la specie è stata sottoposta e di nient’altro, ha specificato Randi. Tuttavia, un pericoloso per la conservazione della purezza della specie sono gli incroci con i cani selvatici ma in ogni caso, lupi e “ibridi” si comportano allo stesso modo cibandosi, mediamente, per il 92% di altri animali selvatici e per un restante 8% di animali domestici.
Ecco quindi che alcuni esemplari hanno finito col raggiungere terreni tradizionalmente ostili alla specie, le pianure ed anche le zone urbanizzate, dove essi, a causa della scarsità di fauna selvatica, possono certamente rappresentare un pericolo per gli altri animali. In ogni caso essi rifuggono la specie umana, di cui hanno molta diffidenza, a meno che non si dia loro confidenza e, soprattutto, da mangiare.
Occorre perciò evitare di creare i cosiddetti “lupi confidenti”, lupi che si affezionano all’ambiente umano una volta che abbiano trovato al suo interno accoglienza, e che per questo saranno continuamente tentati di tornarci. Per lo stesso motivo, bisogna accuratamente evitare di lasciare nei terreni carcasse di animali, che essi sono in grado di ripulire totalmente. Consigliabile comunque, in determinate aree geografiche a ridosso di boschi, mettere recinzioni metalliche/elettriche e dissuasori acustici, o cani da guardia, per difendere i propri animali.
Certo va detto che tutte queste misure protettive hanno un costo significativo, che finisce col gravare sul privato.
Domenico Campanile, dirigente regionale della Sezione Tutela delle risorse forestali, ha fatto invece presente come il lupo rappresenti una quota attorno all’8% dei danni arrecati alle aziende agricole e ai privati dalla fauna selvatica, molto meno di quanti ne provochi il cinghiale comunque per via della sua massiccia diffusione. La Regione riconosce tali danni e li risarcisce, sebbene molti agricoltori e allevatori non lo sappiano, sperando tuttavia di non dover dare più notizie riguardanti né aggressioni di lupi nei confronti di animali domestici, né di cacciatori nei confronti dei lupi i quali, hanno affermato i relatori, potrebbero perdere il loro status di specie “particolarmente protetta”, visto il loro aumento numerico.