A Lecce continua la caccia ai responsabili dell’omicidio del barese Giuseppe De Giosa
Le ricerche degli investigatori che stanno cercando di rintracciare gli esecutori del brutale omicidio del 43enne Giuseppe De Giosa, avvenuto in via Papini, una strada dell’estrema periferia leccese nel quartiere Santa Rosa lo scorso mercoledì, vertono al momento soprattutto sull’analisi del contenuto dei due telefoni trovati nell’automobile della vittima, nei pressi della quale giaceva il corpo del 43enne, originario di Adelfia.
All’interno della Fiat Panda sono stati individuati anche 7 kg di hashish, i quali hanno fornito agli inquirenti la chiara lettura del movente del delitto, legato certamente a questioni afferenti il traffico di sostanze stupefacenti sulla piazza leccese.
La vittima, che aveva precedenti penali ed un passato in carcere, aveva verosimilmente, in quella zona di Lecce nella quale ci sono solo villette residenziali, un appuntamento con coloro i quali lo hanno ucciso, i quali si sono presentati all’appuntamento con pistole e kalashnikov, come è stato possibile accertare dalle perizie sui bossoli dei proiettili rinvenuti sulla scena del crimine.
Solo un paio di colpi hanno infatti attinto mortalmente De Giosa, il cui ruolo all’interno del traffico di sostanze stupefacenti non è tuttavia ancora chiaro. Le persone che abitano nelle vicinanze hanno raccontato di aver sentito diversi colpi di arma da fuoco ed alcune urla, e qualcuno fra loro ha immediatamente allertato i soccorsi quando ha capito che non di botti di fine anno si trattava.
Anche le istituzioni del capoluogo salentino sono intervenute pubblicamente su questa tragica vicenda di cronaca, a partire dal sindaco Adriana Poli Bortone. Comune l’auspicio che si sia trattato di un caso isolato, che i tempi della sanguinose faide fra clan malavitosi non stiano tornando.
Altra cosa è poi l’aspetto legato al traffico di sostanze stupefacenti in sé e al loro utilizzo, che è tutt’altro che una realtà legata al secolo scorso.
Una faida familiare è invece stata alla base di un altro fatto di cronaca nera avvenuto questa settimana in Puglia, molti km più a nord, a Corato, dove il cinquantenne Nicola Manzi è stato ucciso nei pressi della sua abitazione da un commando formato dal cognato Nicola Pilato e dai figli Savino e Gabriele, tutti ora in carcere con l’accusa di omicidio, tentato omicidio (accanto alla vittima erano presenti anche il fratello e la moglie, la quale a sua volta ha risposto agli spari utilizzando la pistola del marito, ed è ora ai domiciliari) e possesso abusivo di arma da fuoco.
I responsabili, che hanno fatto fuoco passando con la loro automobile, hanno riferito nell’interrogatorio di garanzia, disposto dal gip di Trani Nicola Zeno, di aver agito per prevenire quanto Nicola Manzi aveva promesso di fare, e cioè uccidere Nicola Pilato.