Ergastolo ai fratelli Morleo: grande emozione dopo la sentenza per gli omicidi Cairo e Spada

E’ proprio vero quanto si dice a proposito dell’ergastolo: c’è chi sconta quello comminato dalla giustizia, ma ce ne anche un altro, quello che scontano persone che, pur restando formalmente del tutto libere, ogni giorno della propria vita devono sopportare una condanna terribile, da innocenti oltre ogni ragionevole dubbio.
Lo testimoniano le emozioni fortissime manifestate ieri, dopo la lettura della sentenza di primo grado, dai familiari delle vittime di due orrendi omicidi avvenuti a Brindisi la bellezza di 23 e 24 anni fa.
Il processo di primo grado, celebrato nel tribunale di Brindisi, a carico dei fratelli Cosimo ed Enrico Morleo, accusati di essere rispettivamente il mandante e l’esecutore materiale dell’omicidio di Salvatore Cairo ed Sergio Spada, giunto ieri a sentenza al termine di un lungo iter, ha stabilito che i fratelli Morleo, colpevoli dei reati loro ascritti, siano sottoposti alla pena dell’ergastolo con l’aggiunta di tre anni di isolamenti diurno per Cosimo ed uno per Enrico, collegati in videoconferenza dalle rispettive carceri.
Questo processo non si sarebbe verosimilmente mai celebrato però se, nel 2021, Massimiliano Morleo, fratello dei due imputati e collaboratore di giustizia, non avesse contattato il magistrato Milto De Nozza per informarlo dei fatti che erano a sua conoscenza, e che hanno poi trovato riscontri chiari, secondo la Corte d’Assise diretta dal giudice Maurizio Saso, nei diversi elementi probatori valutati nel corso delle udienze.
Basti qui ricordare il più schiacciante: fu lo stesso Enrico Morleo a condurre, esattamente un anno fa, la Corte e la moglie di Salvatore Cairo sul luogo di campagna nel quale egli aveva prima sezionato e poi gettato, in un pozzo, i resti dell’uomo. L’uomo ha affermato di aver trovato già morto Cairo all’interno del capannone industriale di sua proprietà, e di non aver provveduto a chiamare la polizia perché non sarebbe stato creduto. Ipotesi francamente poco plausibile.
Quei poveri resti che ora, finalmente, terminata l’indagine e stabilitane l’appartenenza, saranno restituiti alla moglie, Elvira Stano, la quale ieri piangeva per il sollievo di poter finalmente concedere loro un degno riposo.
Ma Enrico Morleo è stato riconosciuto anche dalla moglie di Salvatore Spada come l’uomo che vide aggirarsi davanti alla loro abitazione la sera in cui si persero le tracce di Sergio Spada, ritrovato poi ucciso all’interno della sua automobile in una stazione di servizio abbandonata lungo la superstrada Brindisi-Lecce.
A dispetto delle argomentazioni difensive portate avanti da Cosimo ed Enrico Morleo, secondo i quali il fratello Massimiliano avrebbe scaricato su di loro le responsabilità di quegli orrendi omicidi per vendicarsi di beghe familiari, il movente è da rintracciarsi nel fatto che i due fratelli non sopportavano che qualcuno potesse fare concorrenza nel settore della vendita porta a porta di pentole da cucina. Del resto Cairo era stato prima socio della loro azienda, e da loro allontanato con modi assai poco cordiali.
In aula, ad attendere ed ascoltare in religioso silenzio la sentenza, con stati d’animo fra loro diametralmente contrapposti, le famiglie delle vittime e quelle degli imputati.
Paola Annicchiarico, moglie di Sergio Spada, ha condiviso le proprie lacrime con quelle del figlio Marco.
Ieri sera, in attesa in ogni caso dei prossimi gradi di giudizio, due tragiche vicende datate 6 maggio 2000 e 19 novembre 2001, che gli inquirenti avevano fin da subito considerato fra loro legate, ma che sembravano destinate, fino al 2021, a restare per sempre fra i casi irrisolti, hanno almeno trovato un punto d’appoggio, pur nella loro perenne incomprensibilità.