Quando con le sgrammaticature e le intemperanze linguistiche si può quasi solidarizzare…
Il cartello presente nella foto di copertina è fissato in un terreno di campagna nelle vicinanze di Latiano. Esso rappresenta una manifestazione, sguaiata e verbalmente violenta quanto si vuole, causata però da un comprensibile malessere: quello di vedere il proprio terreno utilizzato da qualcuno, possiamo dedurre, come indebita discarica di rifiuti.
Tanto è vero che ai piedi del cartello si possono scorgere anche i resti di un mucchio di spazzatura bruciata. Quello dell’abbandono scriteriato e del tutto indiscriminato di rifiuti urbani, di tutti i tipi, nelle nostre campagne, è un fenomeno che denota aberrante degrado, mancanza totale di senso civico, ignoranza, totale disprezzo verso l’ambiente naturale.
Le campagne, per tantissime generazioni, sono state il bene primario delle nostre società, quello dal quale la maggior parte delle persone ricavava il necessario per vivere. Da quando non è stato più così, da quando la maggior parte delle persone ha trovato impiego in altri settori, è come se le campagne avessero perso progressivamente di pregio agli occhi di molti. Lo dimostra anche il fatto che esse siano diventate un bene del quale per tanti è stato preferibile privarsi, cedendo alle sirene di certa speculazione “ambientalista” (leggasi alla voce impianti fotovoltaici, provincia di Brindisi, anni 2000)
La scarsa considerazione di esse rende quindi tollerabile, evidentemente, se non sono chiaramente profittevoli, utilizzarle come discariche.
Dal punto di vista prettamente linguistico, ironizzando un po’, si potrebbe dire che questo cartello sia connotato fortemente in diatopia, diastratia e diafasia.
Da esso si ricava infatti, rispettivamente:
– il luogo e quindi il dialetto, meridionale estremo, utilizzato per scriverlo (“murti” per morti, “mammata” per madre, “ti” per ti),
– si ricavano informazioni sull’estrazione e sul livello d’istruzione di chi lo ha scritto (“ciai” al posto di c’hai o hai) il ricorso alle bestemmie e alle minacce insistite, con la raffigurazione di un teschio che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni.
– si comprende anche la situazione di forte disagio emotivo, l’arrabbiatura, che ha spinto l’autore a comporre il pensiero sul cartello e ad affiggerlo.
Fatte queste considerazioni un po’ accademiche, ripetiamo come alla base del gesto vi sia comunque una reazione in un certo senso comprensibile (pur auspicando ovviamente che a quelle minacce non faranno mai seguito atti concreti) dettata da chissà quante occasioni nelle quali il proprietario si è trovato quel pezzo di terra invaso dall’immondizia altrui. Ed egli ha reagito con gli strumenti che fanno parte del suo repertorio lessicale.
Nel suo portato folcloristico popolare e dichiaratamente volgare, questo cartello ha tanto cose sulle quali far riflettere riguardo la nostra società.