Il Pta di Mesagne ottiene l’accreditamento come “Hospice”. Non la panacea di tutti i mali della sanità brindisina…
Un tempo ospedale fiore all’occhiello della sanità brindisina, sul “San Camillo de Lellis” di Mesagne si è abbattuta da tempo la scure dei tagli delle strutture sanitarie decisi a livello regionale per ridimensionare la spesa pubblica in servizi. I vertici aziendali, non solo di quella brindisina, preferiranno utilizzare il termine “riqualificare”, in onore al linguaggio dal tono edulcorante che la politica usa per travestire più benignamente, agli occhi dell’opinione pubblica, le cosiddette “riforme” le quali, fin dal governo Amato del 1992, non hanno fatto altro che significare sacrifici e riduzione della spesa pubblica.
Del resto le Unioni aziendali locali diventavano in quegli anni Aziende sanitarie locali, con ciò stesso significando che anche la salute, il bene collettivo primario, diventava una specie di merce, un servizio da garantire ma fino a un certo punto, fino a quando lo consentano le finanze pubbliche o i diktat di organismi sovranazionali non eletti da nessuno, e che tuttavia hanno il potere di tenere in scacco gli Stati con i loro ricatti: agenzie di rating, Fondo Monetari Internazionale e quant’altro.
Fatta questa doverosa premessa, l’ospedale di Mesagne è stato quindi declassato, come tanti alti, al rango di Pta, Presidio territoriale di assistenza, una specie di grande ambulatorio in cui le persone bisognose possono svolgere attività di fisioterapia, sottoporsi a piccoli interventi in regime di day hospital, fare le analisi, prenotare e sostenere visite specialistiche, sottoporsi a qualche medicazione.
Qualsiasi intervento di carattere appena più complesso, richiede il trasporto presso le strutture ospedaliere superstiti, con il risultato di intasarne a livelli insostenibili i pronto soccorso.
Il Pta di Mesagne, avendo al suo interno quindi spazi residuali dai vecchi reparti dismessi, era stato tempo fa “indiziato” di ospitare un servizio, l’hospice appunto, non presente nella provincia di Brindisi. Quest’oggi, superato l’iter burocratico, ha ricevuto l’accreditamento istituzionale dalla Regione Puglia per attivare il Centro residenziale per Cure palliative e terapia del dolore, il cosidddetto “Hospice”. La struttura della Asl Brindisi, gestita dalla cooperativa sociale La Rondine, dispone di dodici stanze di degenza con un’équipe multidisciplinare di oltre quaranta operatori.
L’Hospice sarà collocato al terzo piano del “San Camillo”, su una superficie di circa 2mila metri quadri. Oltre alle stanze per pazienti e accompagnatori, il centro ha una zona con reception e uffici, il bar, la cucina e un soggiorno polivalente. Un’area è dedicata alle terapie, con una sala d’attesa e una stanza per colloqui. Accanto a queste, la struttura ha uno spazio per prestazioni in regime diurno, una sala multisensoriale e un locale per idroterapia, È stata, inoltre, realizzata un’area per valutazione terapie, una sala riunioni e una dedicata al personale volontario e di assistenza.
Negli hospice sono trattati com’è noto, tendenzialmente, i casi di pazienti oncologici con malattie allo stato terminale, che hanno necessità di assistenza sanitaria continuativa, a partire dalle terapie che leniscono il dolore, ma anche di supporto psicologico per se stessi ed i loro familiari.
Un tale servizio è certamente necessario all’interno di una ASL, purché esso non venga magnificato come la dimostrazione che la sanità pubblica stia progredendo. Tanti fattori, purtroppo, a partire dalle Unità mobili del 118 che viaggiano sprovviste del medico, fanno ritenere tutto il contrario. Temiamo anzi che la stessa sanità pubblica viva un ruolo di malato terminale.