Al Tavolo della “decabornizzazione” per Brindisi, Enel fa da convitato di pietra
Si è svolto la scorsa settimana, presso la Prefettura di Brindisi, il tavolo tecnico volto alla presentazione dei progetti industriali, ne sono stati presentati 13, di altrettante aziende o joint venture, volti a offrire le possibili soluzioni alternative di riutilizzo della grande area occupata per circa 35 anni dalla centrale a carbone “Federico II” di Cerano, di proprietà dell’Enel, la cui dismissione è prevista per la fine del 2025.
I progetti presentati sono orientati essenzialmente al settore delle energie rinnovabili, ma fra essi ne figurano anche di altro tipo, dalla logistica, alla cantieristica navale, alla meccanica, al riciclo di materiali industriali. Ognuno di essi è corredato da stime sull’investimento economico e sul numero di addetti che potrebbero essere occupati.
Va da sé infatti che l’aspetto che più interessa ai soggetti presenti al Tavolo (Regione Puglia, con gli assessori e i funzionari competenti al Lavoro, allo Sviluppo Industriale e alle crisi industriali, Provincia di Brindisi, Comune, sindacati, Confindustria e Camera di Commercio) è la garanzia che i progetti individuati possano alla fine, nella loro sommatoria, garantire un’occupazione almeno uguale a quella ora impiegata dalla centrale Enel e dal suo indotto.
Tuttavia, al Tavolo il soggetto più richiamato alle proprie responsabilità è stata proprio Enel, a partire dall’assessore alle Crisi Industriali della Regione Serena Triggiani, che attende da Enel di conoscere “i tempi della dismissione della centrale e soprattutto le iniziative alternative che Enel saprà mettere in campo quale attore protagonista del comparto industriale brindisino”.
Questo perché tutti gli attori coinvolti premono volutamente sull’aspetto legato ai gravi e documentati danni ambientali che la centrale ha significato per il territorio a sud di Brindisi, ai profitti che essa ha comunque consentito di creare. Enel non può, di conseguenza, essere attore passivo della riconversione, limitandosi a cedere o ad affittare i terreni che essa ha occupato, ma deve promuovere essa stessa, sostengono, soluzioni produttive volte a garantire lo sviluppo del territorio, certamente in un contesto completamente nuovo, quale quello delineato dagli aspetti di compatibilità ambientale.
A titolo esemplificativo, valgono per tutti le parole di Giuseppe Marchionna, sindaco di Brindisi: “Ho rilevato un assordante silenzio ed ho ribadito che non è possibile, dopo 50 anni di attività produttiva che questo territorio ha garantito al sistema paese, che un’azienda di Stato quotata in borsa possa pensare di andare via senza aver prima bonificato le aree e soprattutto collegato questo ad un progetto di compensazioni ed investimento alternativi”.
L’unico progetto che vede impegnata al momento Enel e che potrebbe riguardare, come preconizzato dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini in una sua visita a Brindisi lo scorso maggio, la riqualificazione dell’area di Cerano, è quello che coinvolge le Ferrovie dello Stato, con le quali Enel sta pensando di realizzare una rete di pannelli solari che percorra l’intera penisola, esattamente lungo i tracciati ferroviari. Cerano è uno dei siti nei quali è possibile, secondo Enel, assemblare i pannelli solari necessari allo scopo, anche perché si tratterebbe di un’abilità manuale di non difficile assimilazione per gli operai attualmente impegnati a Brindisi.