Villa Castelli: 3 condanne ai domiciliari per i ragazzi-bulli

Nei giorni in cui è salito alla ribalta della cronache nazionali il caso di bullismo verificatosi a Vieste, dove un dodicenne, in vacanza nella località garganica, è stato accerchiato da un gruppo di adolescenti del posto che lo hanno poi fatto inginocchiare e sbeffeggiato, al fine di produrre un video da condividere sui social network, c’è da registrare una sentenza di condanna del Tribunale dei minori di Lecce per un caso forse ancor più grave, verificatosi negli scorsi mesi a Villa Castelli, in provincia di Brindisi.
I Carabinieri della locale Stazione hanno infatti eseguito un’ordinanza di applicazione della misura cautelare personale della permanenza nella propria residenza, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale per i Minorenni di Lecce, su richiesta di quella Procura della Repubblica per i Minorenni, nei confronti di tre minori, ritenuti responsabili dei delitti di lesioni personali aggravate in concorso e violenza privata. Gli indagati fanno parte del gruppo di minori, che nella serata del 30 marzo scorso avevano aggredito e picchiato un loro coetaneo, cagionandogli lesioni personali gravi alla corona dentale e il conseguente indebolimento permanente dell’organo della masticazione.
La vittima, un ragazzo di soli 13 anni, quella sera è stato accerchiato da un gruppo di adolescenti, fra i quali non erano compresi solo i tre soggetti maggiori di 14 anni per i quali il Tribunale minorile ha emanato l’ordinanza della detenzione a domicilio, ma anche altri minori di 14 anni che, come stabilito dalla legge, non sono passibili di alcun provvedimento giudiziario.
Anch’essi nell’occasione hanno tuttavia contribuito all’accerchiamento della vittima, ad impedire che potesse sfuggire al branco dei giovani aguzzini e a filmare il fattaccio. Nel caso di uno dei ragazzi minori di 14 anni partecipanti all’aggressione, questi ha pure dato il suo contributo nel malmenare il tredicenne, colpendolo con schiaffi, calci e ginocchiate al volto, che finivano col procurargli il grave danno permanente sopra menzionato. Senza trascurare il fatto che, in una situazione come questa, il trauma psicologico, le ferite psicologiche ai danni di un ragazzo che comincia a vivere appieno gli anni della sua formazione sono ancora più gravi di quelle fisiche.
Casi come questo si piegano sempre a valutazioni di carattere sociologico e pedagogico, portando gli esperti ad interrogarsi sulle carenze educative e affettive che di cui gli adolescenti in questione potrebbero aver sofferto in famiglia. Tali, eventuali, carenze risulterebbero innocue, o potrebbero piuttosto esitare in atti solo e soltanto autolesionistici, che pure sono riscontrati in età adolescenziale, se non vi fosse il potere moltiplicatore del gruppo ad esaltare le singole angosce esistenziali dei giovanissimi.
Il gruppo infatti consente di vincere quell’inibizione naturale che esiste anche nei soggetti più irrequieti nel compiere determinate azioni mentre, la paura di restare escluso da esso è, per tanti altri adolescenti, la molla che spinge ad imitare comportamenti o ad agirne altri che pure non si avvertirebbero come spontanei o naturali.
Infine, ma non in ordine d’importanza, l’uso distorto dei social network, un mezzo che consente di perpetrare all’infinito e di elevare all’ennesima potenza la portata di rituali volti a schernire un coetaneo, che prima restavano confinati agli ambienti di socializzazione e che lì finivano. Il disagio arrecato alla vittima era comunque significativo, ma si evitava almeno che la notizia potesse raggiungere potenzialmente chiunque, aggravandone così la portata emotiva/umiliante a carico della vittima.
Nelle scuole molte ore di educazione civica sono rivolte a riflettere su questa piaga, quella del cattivo uso dei social network, ma i risultati di questo sforzo talvolta sono letteralmente sconsolanti.