Abbattimento degli ulivi millenari di Serranova: indaga la Procura di Brindisi
Quello che risalta alla vista del passante, sia esso un abitante della zona o un turista venuto sulle coste del litorale della provincia di Brindisi per godere del mare, è uno scenario apocalittico, privato della linfa vitale che tanto lo caratterizzava. E chi lo ha visto, chi ne ha goduto, non può dimenticare.
Gli ulivi ultrasecolari, se non millenari, di Serranova (frazione di Carovigno), rientranti nell’area protetta di “Torre Guaceto”, sono sempre stati infatti un punto di passaggio ineludibile, per gli escursionisti in tutte le stagioni dell’anno, per gli avventori delle spiagge dell’area fra Torre Guaceto e Santa Sabina in estate.
Questi straordinari monumenti naturali, ultimi propaggini meridionali della Piana degli ulivi millenari che si spinge fino ai territori di Ostuni e Fasano, hanno perso anch’essi la battaglia con la Xylella. Già due o tre anni fa, per la verità, iniziavano a essere evidenti i segni inequivocabili del disseccamento. Ora essi sono, per la grande maggioranza, completamente secchi. Ma sono ancora tutti lì, o quasi, a testimoniare proprio il sacrilegio che le parole non riescono a testimoniare con efficacia.
Quasi, appunto, perché proprio recentemente un’estensione di circa un ettaro di terreno privato di queste piante è stata eradicata, per volontà dei proprietari i quali, ritenendo di poter fare affidamento per l’eradicazione alla normativa regionale in materia, che autorizza ed anzi incentiva a rimuovere gli alberi secchi a causa della batteriosi, anche al fine di contrastarne l’ulteriore espansione, hanno fatto eradicare gli alberi di questa proprietà, senza tuttavia chiederne l’autorizzazione al Consorzio di gestione dell’area protetta di Torre Guaceto, sotto la cui giurisdizione il terreno ricade.
La Procura di Brindisi ha quindi emanato ieri una denuncia a piede libero nei confronti di tre persone, i due proprietari dell’agro in questione e l’esecutore dei lavori, ed il reato loro contestato è appunto quello di “esecuzione di lavori in area naturale protetta in assenza del prescritto nulla.osta (art.1, comma 1 della Legge 394 del 1991 che regolamenta e tutela le attività all’interno di parchi e riserve naturali)
La decisione aveva in realtà portato già al sequestro del terreno da parte dei carabinieri forestali, su segnalazione dello stesso Consorzio, ma aveva destato anche una forte impressione nella comunità locale, portando ad un sit in di protesta da parte di associazioni ed attivisti due settimane fa. A loro dire, tali ulivi non recavano i segni della malattia, o comunque potevano essere salvati.
Ma quello che il Consorzio di gestione contesta non riguarda strettamente la scelta di eradicare gli alberi di ulivo, quanto la volontà espressa da parte dei proprietari di dar vita ad un’idea rigenerativa di quel campo che rovinerebbe il quadro d’insieme dell’area, consistente nell’impiantare coltivazioni di ulivo super-intensive (fra i 1220 ed il 220 alberi per ettaro) ovviamente di varietà di ulivo resistenti alla Xylella, come Favolosa e Leccino.
Secondo Rocky Malatesta, presidente del Consorzio di gestione dell’area, “il paesaggio olivetato secolare non deve essere soppiantato da sistemi che devastano la natura, prosciugano i terreni, ammazzando la biodiversità”. Di parere opposto l’assessore regionale all’Agricoltura Donato Pentassuglia, per il quale gli impianti super-intensivi costituirebbero un significativo salto in avanti in termini di risparmio di tempo nella raccolta del frutto, senza pregiudicare peraltro, e anzi favorendo, la bio-diversità.
Quello che resta, a prescindere da valutazioni tecniche che spettano ad agronomi e ingegneri esperti in questioni ambientali, è una grande domanda di rigenerazione oltre lo sfregio, perché quegli ettari di campagna che dalla borgata di Serranova declinano dolcemente verso il mare, in queste condizioni, fanno più paura anche del nulla che segue all’eradicazione. Salvare il salvabile, se possibile, ma reinventando per il resto.