La via Appia antica è da oggi il sessantesimo bene italiano riconosciuto dall’Unesco.
La notizia era nell’aria da tempo, si trattava solamente di attenderne l’ufficializzazione per mezzo dell’organo deputato a sancirla, il Comitato per il Patrimonio Mondiale dell’Unesco, oggi riunitosi a Nuova Dehli, In India, per la sua 46esima sessione: la Via Appia, la Regina Viarum, è un bene monumentale meritevole di essere inserito all’interno del patrimonio culturale dell’Umanità, il sessantesimo in ordine di tempo fra quelli italiani a rientrare nella prestigiosa lista.
Costruita fra il 312 a.C. ed il 244 a.C., il tracciato dell’Appia Antica si estende attraverso quattro regioni, Lazio, Campania, Basilicata e Puglia, dalle propaggini sud-orientali della Capitale sino a Brindisi, attraverso le province di Roma, Latina, Caserta, Benevento, Potenza, Matera, Taranto e Brindisi, per complessivi 540 km.
Il nome, come tutte le arterie consolari costruite dagli Antichi romani, si deve al console che volle edificarla, Claudio Appio Cieco. Essa aveva un’importanza strategica nel periodo in cui fu edificata, perché consentiva di collegare l’Urbe con i territori dell’Italia meridionale via via conquistati nelle guerre contro i Sanniti e in seguito contro i Cartaginesi. Brindisi in particolare, col suo porto volto a Oriente, avrebbe rappresentato un luogo fondamentale per consentire la partenza o l’approdo degli eserciti impegnati nella conquista e nel consolidamento romano sui territori balcanici.
Leggenda vuole, come si sa, che il poeta Virgilio morì a Brindisi, ammalatosi durante un viaggio di ritorno dalla Grecia, proprio in una dimora che sorgeva sul culmine della scalinata che ora prende il suo nome sul porto turistico di Brindisi, quello dove è posta una delle due antiche colonne che segnano la fine della via Appia.
E proprio Brindisi sarà la sede, lunedì 29 luglio, quindi fra due giorni, di una conferenza volta a festeggiare l’ufficializzazione dell’importante conquista, nonché a programmare il programma delle attività che si terranno sui territori attraversati dall’antica via Appia per continuare a tramandarne la storica centralità: un evento, in anticipo programmato e organizzato dal Comune di Brindisi, presso la sede dell’Autorità di sistema portuale, dove si incontreranno i sindaci dei comuni situati lungo il percorso, fra i quali i sindaci di Roma, Roberto Gualtieri, e Benevento, Clemente Mastella.
Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha pubblicato una nota ufficiale che sottolinea l’importanza della giornata: “Esprimo tutta la mia soddisfazione e il mio orgoglio per il grande risultato ottenuto. L’Unesco ha colto l’eccezionale valore universale di una straordinaria opera ingegneristica che nei secoli è stata essenziale per gli scambi commerciali, sociali e culturali con il Mediterraneo e l’Oriente. Congratulazioni a tutte le istituzioni e comunità che hanno collaborato con il Ministero della Cultura per arrivare a questo prestigioso traguardo. È un riconoscimento del valore della nostra storia e della nostra identità, dal quale può nascere una valorizzazione in grado di portare benefici economici ai territori interessati”.
Recentemente, presso il sito archeologico di Muro Tenente, posto a cavallo dei territori dei comuni di Mesagne e Latiano, sito d’età messapica nel quale da molti anni va avanti una proficua collaborazione fra gli archeologi dell’Università di Amsterdam e quella del Salento, è stato rinvenuto un tratto in lastricato che lascia credere come la via Appia avesse, nel suo tratto finale prima di giungere a Brindisi, preso come ultimo punto di transito proprio quest’antica città, costruita nel secondo millennio a.C. Certo, la monumentalità e la suggestione che evocano i tratti, ancora ottimamente conservati, presenti nella zona a sud di Roma, anche per quello sfondo fatto da filari di alti pini marittimi, è impareggiabile, tuttavia la Puglia, anche per mezzo della variante via Traiana, edificata in seguito dai Romani per accorciare i tempi di arrivo a Brindisi, aveva all’interno della geografia imperiale un’importanza che il riconoscimento odierno, di risonanza globale, rende maggiormente visibile.