Addio a Riù, il gorilla “triste” dello Zoosafari. Interroghiamoci sulla sua esistenza.

La notizia delle morte di Riù, il gorilla più anziano presente in Italia, che dal 1994 viveva presso lo Zoosafari di Fasano, ha l’effetto di riproporre un interrogativo di carattere etico, riguardante la cattività cui sono sottoposti gli esemplari di alcune specie animali esotiche.
Catturato in Kenya, il suo Paese natale, nel 1975, Riù era una vera e propria attrattiva dello zoo di Fasano, nel quale è stato sempre seguito e curato con il massimo delle attenzioni e della scrupolosità possibili, da esperti di tutto l’ambito zoologico, che ne cercavano anche di stimolare, e con successo, le facoltà intellettive. Gli era stata messa a disposizione, all’interno dello zoo, un’area di 600 metri quadrati a sua completa disposizione, che riproduceva nella maniera più fedele possibile le fattezze dell’ambiente naturale dal quale proveniva e nel quale sono naturalmente presenti i rappresentanti della sua specie.
Riù è morto nello scorso gennaio, all’età di 54 anni, per problemi cardiaci, sebbene la notizia sia stata resa pubblica solamente in questi giorni. A dispetto dell’espressione triste che lo caratterizzava, Riù pare fosse anche molto affettuoso e riconoscente verso gli operatori che lo assistevano.
La domanda che poniamo riguarda tuttavia la sua intera traiettoria esistenziale, e si pone, per un appartenente ad una specie così prossima alla nostra (i gorilla sono, assieme agli scimpanzè, ai gorilla e alla specie homo, tutti esponenti della più grande famiglia degli ominidi) in maniera se possibile più dirompente di quanto essa si ponga a proposito di un coccodrillo, di un serpente o anche di un leone: è giusto allontanare degli esseri viventi tanto complessi dal loro habitat naturale, portarli a distanze tanto grandi da esso per renderli oggetto di osservazione e occasione di svago per esseri umani che sono del tutto ignari, e non potrebbe essere diversamente, di quello che l’animale in questione possa provare?
Più in generale, come considerare questa intromissione coatta nella vita di un animale destinato diversamente a svolgere il proprio percorso vitale accanto o comunque con le stesse modalità degli altri suoi simili, che hanno avuto invece la fortuna di non essere selezionate, prelevate e poi allontanate dal loro ambiente?
La questione si pone certo, in maniera ancora più evidente, per gli uccelli che ai più piccoli piace acquistare per tenerli chiusi in una gabbia. Potremmo dire che, se da giovanissimi tale atto di “egoismo” può essere certamente compreso, il passare del tempo ci porta a rivalutare qualcosa che da adulti un po’ ci ripugna. Non lo sappiamo, ma speriamo vivamente che Riù, questo bellissimo e tanto popolare esemplare di gorilla, abbia vissuto serenamente la sua esistenza allo Zoosafari. Eppure, proprio la sua impressionante somiglianza con l’essere umano, ci fa avvertire una specie di senso di colpa, come se avessimo cioè recluso, sia pure in un carcere extra-lusso, un innocente.