Una breccia nel muro di gomma: la strage di Ustica raccontata su Rai 3.
Vi sono alcune date nel calendario che ogni anno riannodano il filo di un lutto nazionale. Accade in occasione del 16 marzo e del 9 maggio, date legate alla strage di via Fani e al ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, accade il 2 agosto, in occasione dell’anniversario della strage della stazione di Bologna.
La fine del mese di giugno riporta invece alla memoria puntualmente la strage occorsa nei cieli sopra all’isola siciliana di Ustica, il cui anniversario è precisamente il 27. Con due giorni di anticipo, nella trasmissione intitolata “Una breccia nel muro”, Rai 3 ha voluto commemorare quest’anno l’anniversario di questo evento con una serata affidata alla conduzione di Massimo Giletti, andata in onda direttamente dal Museo della memoria di Ustica dove sono stati trasferiti i resti dell’aereo e che ha sede a Bologna, città dalla quale partì quel DC9 che aveva destinazione Palermo.
Anche una trasmissione della durata di quasi tre ore, per un caso che ha al suo attivo 1 milione e 800 mila pagine di atti ufficiali di inchieste e perizie varie, può dare solo un’idea approssimativa della complessità della vicenda. E di speciali di approfondimento sulla vicenda di Ustica ne sono stati fatti tantissimi nel corso di questi lunghissimi 44 anni, da Telefono Giallo negli anni ’80, la trasmissione guidata da Corrado Augias alla quale arrivò quella celebre telefonata anonima di un dipendente di un centro radar dell’Aeronautica (“ci dissero di starci tutti zitti, e non posso dirle altro perché non voglio rogne”) agli speciali più recenti condotti dal compianto Andrea Purgatori su La7.
Il merito principale della trasmissione di questa sera è stato quello di aver proposto un accesissimo confronto fra il generale dell’Aeronautica Leonardo Tricarico, sostenitore della teoria dell’attentato, e le parti civili, rappresentate dall’associazione dei familiari delle vittime e da uno dei loro legali, per le quali l’areo civile con 81 italiani a bordo cadde a causa di un missile. Questi due partiti, quello della bomba piazzata sull’aereo e quello del missile lanciato da un altro areo col fine di colpire non il DC9 ma verosimilmente un piccolo areo militare libico che viaggiava di conserva al DC9, col fine di sorvolare indisturbato i cieli italiani, si fronteggiano da sempre in merito alla soluzione del caso.
Per la verità, non recando i resti dell’aereo né tracce evidenti dello scoppio di una bomba né di quelle di un attacco missilistico, è tecnicamente possibile che un missile lo abbia fatto cadere semplicemente sfiorandone un’ala.
Tricarico sostiene che dai vari tracciati radar non emerga alcuna traccia di altri velivoli che nel raggio di decine di miglia volassero nei pressi del DC9, la controparte sostiene che quei tracciati, fra cui quello pugliese prodotto dal sito di Martina Franca, risultano tutti scandalosamente silenziati proprio in concomitanza con l’orario dello strage. E per la verità, come documentato anche stasera, tantissime testimonianze, nonché una sequela spaventosa di morti misteriose di testimoni diretti dei fatti di quella sera negli anni successivi, depongono a favore del fatto quella sera, nei cieli del sud Italia, il DC9 sia stato vittima involontaria di un atto di guerra inscenato fra aerei della NATO, potrebbero essere stati tanto francesi quanto statunitensi, ed il mig libico di cui sopra, ritrovato poi sui monti della Sila.
Senza le omissioni, le reticenze e i segreti di Stato dietro ai quali i Paesi alleati dell’Italia continuano a trincerarsi in merito alle loro abbastanza evidenti responsabilità per gli eventi di quella sera, forse quello che è considerato un “mistero” non sarebbe mai sorto come tale. Quel padre di famiglia siciliano, il signor Diodato, che quella sera perse i tre figli e la moglie, che dignitosamente trascorre la sua vecchiaia e al quale tutto fu tolto, come racconta lui stesso, è la figura più lacerata e rappresentativa di una storia che non smetterà mai di importunare la coscienza di qualcuno.