Avvocato tarantino e amico medico dell’ospedale di Benevento ai domiciliari per violenza sessuale
Con l’accusa di violenza sessuale di gruppo, sono scattati gli arresti domiciliari per il tarantino Antonio Zito, di 58 anni, all’epoca dei fatti viceprocuratore onorario presso il tribunale di Lecce, e per l’amico medico cardiologo Giovanni Vetrone, di 60 anni, in servizio all’ospedale di Benevento.
Le misure cautelari sono scaturite da una pronuncia della Corte di Cassazione, che ha dichiarato esecutivo il provvedimento del tribunale del Riesame di Napoli, a seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso promosso dagli indagati. Già nel 2023 infatti la Procura di Benevento, città nella quale si sarebbero verificati i misfatti, aveva chiesto per i due imputati l’arresto.
A quanto emerge dagli atti, la coppia avrebbe agito sfruttando la titolarità all’esercizio della professione medica di Vetrone, ed il suo studio medico all’interno dell’ospedale del capoluogo campano, per compiere atti di abuso sessuale ai danni di donne scelte peraltro non a caso, ma per le loro fattezze naturali. Zito, accusato per questo anche di abuso della professione medica, avrebbe raggiunto lo studio di Vetrone e, indossato il camice bianco pure lui, chiedeva alle donne selezionate di spogliarsi al fine di poter poi palpare loro il seno, con la motivazione di dover applicare gli appositi elettrodi utilizzati per gli esami cardiaci.
Il tutto veniva ripreso da telecamere posizionate all’interno dello studio ma anche nel bagno dello stesso, mentre i video con le registrazione venivano poi condivisi fra i due sodali. Nella trappola sarebbe caduta anche una praticante dello studio forense di Zito, preoccupata per la diagnosi di un fibroma uterino, ed un’infermiera dell’ospedale di Benevento.
Hanno eseguito l’operazione di notifica del provvedimento gli ispettori del Gruppo d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata (GICO) della Guardia di Finanza di Lecce, i quali avevano precedentemente provveduto a sequestrare ai due indagati i dispositivi elettronici in loro possesso, utilizzati per portare avanti gli abusi loro ascritti.