Causò alla guida la morte di tre suoi amici: la toccante lettera della madre di una delle vittime.
Con una condotta di guida a dir poco sconsiderata, criminale senza timore di smentita, causò la morte di tre giovani amici che si trovavano a bordo dell’auto da lui stesso guidata: per Gaetano Caputi, trentenne di Bari, il Pubblico Ministero della procura barese titolare del relativo procedimento penale, il dott. Manfredi Dini Ciacci, ha chiesto il rinvio a giudizio per il reato di omicidio stradale, con le aggravanti di aver causato il decesso di più persone e di averlo commesso con pesanti violazioni delle norme sulla circolazione stradale, nello specifico l’eccesso di velocità, più del doppio di quella consentita, nonché per il reato di lesioni personali stradali gravissime, con la medesima aggravante, avendo cagionato anche il ferimento di un quarto giovane, ritenendolo l’esclusivo responsabile della immane tragedia.
Il tragico incidente stradale avvenne l’11 dicembre 2022 sulla Statale 96, nel territorio comunale di Modugno, in provincia di Bari. Caputi, che era alla guida di una Mini One che viaggiava in direzione Altamura, decise di effettuare un incauto sorpasso a destra nei confronti di due automobili che lo precedevano e che avevano rallentato la loro velocità per consentire l’immissione nella carreggiata stradale di un pullman. Compì la manovra, peraltro, ad una velocità che le perizie hanno indicato essere stata di 120 km/h, molto oltre il limite consentito.
Nel fare questo la sua auto andò a sbattere prima sul mezzo pesante ( il cui guidatore è stato anch’egli, come da prassi, iscritto nel registro degli indagati, salvo poi ottenere l’archiviazione del procedimento a suo carico, non essendo emerse responsabilità a suo carico) e poi contro un muro di cinta posto a 30 metri di distanza.
Nel tremendo impatto Michele Traetta, che si trovava sul sedile posteriore destro, moriva sul colpo, Elisa Buonsante, di Mola, che era seduta sul sedile del passeggero anteriore, e Sara Grimaldi, di Palo del Colle, che si trovava sul sedile posteriore centrale, perdevano la vita dopo il loro trasporto all’ospedale, a causa delle gravissime lesioni riportate, mentre il passeggero seduto sul sedile posteriore sinistro, Giovanni Sforza, riportava ferite gravi.
Attraverso lo studio legale che l’ha assistita, la mamma di Sara, Anna Mideja, ha voluto diffondere una lettera dai toni estremamente toccanti, con la quale ripercorre le dolorosissime fasi successive al gravissimo lutto, sottolineando le qualità umane di sua figlia:
“L’11 dicembre 2022 è la data in cui è stata spezzata la vita di mia figlia Sara, di soli 19 anni, di Michele Traetta di 21 anni e della loro amica Elisa di 25 anni. Tutti e tre si erano affidati al loro amico, un uomo di 29 anni in procinto di diventare papà, unico patentato, per visitare i mercatini di Natale di Conversano: lui, invece, li ha uccisi con la sua guida scellerata, violando il codice della strada per eccesso di velocità (il tachimetro era bloccato al momento dell’impatto sui 130 km/h) in un tratto di strada in cui il limite è di 50 km/h.
Sara, fin da bambina, si è presa cura dei suoi fratelli perché li amava e adorava tutti i bambini, tanto che veniva spesso nella scuola dell’infanzia in cui lavoro. Era solita coccolare i più piccoli e mi aiutava a preparare gli allestimenti per le recite o per la classe. Era una ragazza dolce, comprensiva, disponibile e determinata. Aveva ricevuto il foglio rosa per la patente di guida, ma non guidava auto se non in mia presenza o dell’istruttore di guida. Studiava per diventare un agente della Polizia Locale. Appena compiuti 18 anni ha voluto fare la sua prima esperienza lavorativa estiva in Calabria. Partecipava, con me, a tutte le manifestazioni sindacali in piazza per la difesa dei diritti dei lavoratori e dei cittadini tutti, per la pace…. Da altruista che era. Lei, però, non diventerà mai mamma, mai agente della polizia locale.
Tutti i suoi progetti per diventare una futura, brava donna inserita nella società sono stati spezzati. Con lei, siamo morti anche noi, genitori e fratelli. Le nostre vite sono state sconvolte completamente, stravolte dagli accadimenti. Continuiamo a sopravvivere a questa immane tragedia perché, grazie anche al percorso psicologico, abbiamo deciso di porci degli obiettivi: per noi genitori l’obiettivo è dare Giustizia a Sara e continuare a sostenere i nostri figli che non hanno più un importante punto di riferimento; per i fratelli l’obiettivo è affermarsi nella vita, perché vogliono che Sara sia orgogliosa di loro realizzando, a piccoli passi, tutto quello che lei non potrà più fare.
Il percorso psicologico è stato fondamentale perché, subito dopo la tragedia, ci sentivamo estranei in casa. Ognuno rinchiuso nel proprio dolore, si soffriva in silenzio, si evitava di parlare con gli altri membri della famiglia per tutelare l’altro. Quante medaglie i fratelli hanno messo alla foto di Sara! Sciocchezze? Chi può dirlo. Nessuno può comprendere il dolore che portiamo dentro e che porteremo per sempre con noi. Alla domanda “come stai?” rispondiamo sempre “bene”, perché, se iniziassimo a parlare, si “scoperchierebbe un vaso di Pandora” stracolmo di emozioni.
Come potrebbe stare un genitore che ha perso la figlia o un fratello che perde una sorella? Anche semplici cose che tutti facciano quotidianamente e superficialmente, come fare la spesa alimentare o girare per negozi di abbigliamento, in me genera un magone in gola, un soffocare il pianto, perché in quei momenti lei c’era sempre, era accanto a me. Ora sono sola, come soli si sentono i suoi fratelli. Nessun genitore, al posto di scegliere un cellulare da regalare alla propria adorata figlia per il Natale, deve trovarsi a scegliere il loculo per la figlia. Nessun genitore dovrebbe andare “a visitare” la figlia al cimitero anziché a casa sua per darle un sostegno con le faccende domestiche o i figli.
In questi mesi ho pensato tanto anche a quell’uomo di allora 29 anni che quella maledetta sera guidava l’auto e mi sono più volte chiesta perché non mi hai mai contattata, anche tramite avvocati, per chiedermi scusa o dimostrarmi il suo dispiacere per quanto è accaduto. Nulla di tutto questo, anzi, ha continuato serenamente la sua vita, pubblicando la sua felicità sui social, mancando di rispetto ai suoi amici morti e a noi familiari. L’unica risposta che ho trovato è che forse non ha una coscienza e non ha compreso pienamente la gravità delle sue azioni, delle conseguenze della sua imprudenza. Eppure, nel frattempo, anche tu, uomo di 29 anni con un figlio in arrivo, sei diventato genitore. Avresti dovuto comprendere cosa significa amare incondizionatamente una figlia e, per questo, essere sensibile al nostro dolore.
Mi sono rapportata con tanti genitori che hanno perso un figlio in un incidente stradale e, in modo unanime, è emersa la grande delusione verso una giustizia italiana che risulta inadeguata dinanzi a tragedie che sconvolgono e stravolgono per sempre la vita di interi nuclei familiari, infliggendo pene lievi, insignificanti rispetto al danno prodotto. Appunto, “tanti genitori che hanno perso un figlio in un incidente stradale “. Queste stragi, purtroppo, continueranno fin quando le istituzioni non comprenderanno la necessità di assumere posizioni ferme e decise, stabilendo pene severe ed esemplari! Perché consentire riduzioni di pena o patteggiamenti? Perché infliggere ulteriore dolore a chi ha già perso i propri affetti?
Non potete riconsegnarmi la mia adorata figlia Sara, ma almeno garantitemi una giustizia che infligga una pena severa, corrispondente al dolore prodotto, che serva da deterrente perché non ci siano altre Sara, altri Michele, altre giovani vite stroncate in malo modo da driver sconsiderati. Fatelo per tanti giovani che potrebbero salvarsi”.
Davanti all’irreparabile, cos’altro di diverso ci si può aspettare dalla richiesta di una giustizia che faccia anche da monito nei confronti di chi si mette alla guida dimenticando che un’automobile può diventare, a tutti gli effetti, anche una potenziale e micidiale arma offensiva?
A quali attenuanti può aggrapparsi un guidatore che decide di compiere una manovra tanto azzardata, senza che vi fosse la minima necessità di compierla? Quale vantaggio, in termini di tempo guadagnato, quand’anche la manovra fosse “riuscita”, poteva giustificarla?
Riteniamo sia semplicemente criminale arrogarsi il diritto di valutare che la vita altrui possa valere quanto qualche minuto guadagnato, o quanto l’ebbrezza di sentirsi dei guidatori spregiudicati. La giustizia italiana dovrebbe procedere invece, essa sì, assai più spedita e spietata.
Il Gup del tribunale di Bari, dott.ssa Rossana De Cristofaro, ha fissato per lunedì 20 maggio 2024, alle ore 9, l’udienza preliminare.