FRANCO PUNZI, L’ANIMA DEL FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA

Gli va riconosciuta la perseveranza, la costanza, la grande capacità organizzativa che lo ha portato a scegliersi i propri collaboratori, la maggior parte di loro oramai parte integrante di questa macchina perfetta, da tanti anni. Sono per lo più giovani. Punzi ha visto nascere e crescere quello che sarebbe diventato uno dei più grandi festival al mondo, originale più degli altri per il proprio know how, fin dagli albori. Lo ha preso per mano, glie l’ha stretta come si fa con un bambino piccolo, anche quando, durante questi quarantatré anni, ha rischiato di smarrirsi, durante delle turbolenze. Oggi il Valle d’Itria è cresciuto, è diventato forte, intraprendente, inimitabile.
Presidente Punzi, un anno in più di questo festival!, quanto le pesa? No. non mi pesa. Lo faccio con piacere, per mantenere un impegno preso con me stesso e con Paolo Grassi. Questo festiva’ ha assunto delle dimensioni notevoli.
Un festival, quello di quest’anno, dedicato Celletti, in occasione dei cento anni dalla sua nascita. Cosa ha rappresentato questo grande personaggio per il Festival della Valle d’Itria? Non è stato importante, ma determinante, perché ha dato la svolta del bel canto. Senza di lui il festival sarebbe scomparso dallo scena. Ha una sua identità. Con la scuola del Celletti, quest’anno con piacere e gioia, abbiamo registrato la disponibilità dei più importanti critici giornalisti italiani e non, nel momento in cui abbiamo dato l’incarico a Angelo Foletto, famoso critico musicale. Abbiamo avuto un’adesione al 100% dei giornalisti invitati. Nessuno si è filalo indietro. Celletti è attuale oggi quanto ieri. Pur non avendo uno simile a lui che si occupasse del bel canto, abbiamo compensato con tanti intenditori responsabili, direttori artistici che lo hanno esaltato. Abbiamo anche dei cantanti meravigliosi. Però un maestro grande come lui è difficile che possa rinascere.
Questa Scuola del bel canto è diventata fondamentale per il festival ed il suo futuro
Senz’altro, ma in punto sempre più in alto. Sicuramente l’Accademia sta andando molto bene, inserendoci in quelle italiane. Però dobbiamo ancora crescere. Se ci accontentiamo, ci fermiamo e significherebbe non andare oltre le nostre possibilità. lnvece oggi, con la programmazione del Ministero dei beni culturali, negli ultimi tempi anche la Regione Puglia, determinando una programmazione triennale, ci ha dato la possibilità di avere un più ampio respiro, sapendo già cosa deve avvenire nei prossimi anni.
Si dice che la vita inizia a quarant’anni. Questo festival è praticamente giovanissimo, avendone quarantatré Per me è giovanissima Si realizza con i giovani e lavoriamo con i giovani perché hanno entusiasmo, passione e voglia di migliorarsi.
Guardandosi indietro, qual è il suo maggiore cruccio, ovvero qualcosa che non ha potuto realizzare? Forse una struttura tutta sua?
Non spettava al Festival di realizzarla. Nell’ultimo incontro avuto con il sindaco Ancona, all’indomani dalla sua rielezione, abbiamo affrontato questo tema, perché se non passiamo allargare la nostra programmazione sul territorio è perché non abbiamo gli spazi adeguati. Ecco perché ci siamo concentrati nelle chiese, nel Palazzo Ducale e nel Chiostro di San Domenica, mentre se avessimo avuto un auditorium, avremmo potuto allargarci sul territorio e fare più rappresentazioni. L’esempio è l’Orlando furioso di Vivaldi. Lo abbiamo fatto in coproduzione con la Fenice di Venezia che ha fatto i costumi e realizzato le scene. L’anno prossimo verrà rappresentato a Venezia. Però se contestualmente ci fossero stati gli spazi, avremmo fatto noi delle coproduzioni con altri teatri.
Mi sembra un festiva! diverso dagli altri
Celletti e Segalini mi hanno dato la possibilità di mantenere l’identità storica del Festival della Valle d’Itria, ma anche di rinnovarsi anno per anno, a passo con i tempi. La disponibilità degli artisti e della programmazione dà la possibilità di avere una maggiore scelta nella realizzazione del programma. Abbiamo anche la musica classica e contemporanea, in modo che anche i giovani trovino quell’interesse che forse mancava nel passato.
Festival della Valle d’Itria, ma è sempre stato soprattutto il Festival di Martina Franca. Gli altri Comuni si sono mai integrati ad una manifestazione che dovrebbe coinvolgere tutto il territorio?
Se andate a vedere gli atti degli anni settanta, quando amministravo la città, mi sono sempre sforzato di avere una collaborazione intensa con tutti gli altri Comuni. Purtroppo è difficile, perché gli amministratori cambiano e quando provi ad avere un dialogo, ecco che è finito il loro mandato. Uno sforzo lo stiamo facendo e stiamo avendo dei buoni risultati a Fasano, Cisternino, ma il mio sogno è anche coinvolgere Alberobello e Locorotondo.
Martina è la città del festival e le va riconosciuta questa denominazione. Ha fatto conoscere questa città in tutto il mondo
Sono stato fortunato a trovare una squadra generosa, professionale, ambiziosa, costituita da persone determinate. Non vanno a me i riconoscimenti. E’ anche merito della Fondazione creata da Paolo Grassi. La città ha accettato e amato il festiva col passare degli anni. Prima ci sono stati periodi di incomprensione.
Franco Punti è la roccia di un festival, quello di Martina Franca che in tutto il mondo oggi conosce.
intervista esclusiva anno 20217