I disturbi neuro-cognitivi trasformano una persona ricca in una povera

Le varie forme di demenza, i disturbi neuro-cognitivi propriamente detti, hanno l’effetto di rendere povera una persona ricca. La forma di povertà acquisita consiste sia nell’incapacità di aggiungere nuove esperienze alla propria vita sia in quella di ricordare le esperienze precedenti, e assieme ad esse tutti i ricordi, anche quelli più cari, legati agli affetti della propria vita.
E’ questa la metafora utilizzata dal dottor Vincenzo De Marco, neurologo responsabile dell’ambulatorio Disturbi della memoria e demenza dell’ospedale Perrino di Brindisi, per illustrare al folto pubblico presente nell’aula magna dell’Istituto superiore “Morvillo-Falcone” di Brindisi, in un incontro organizzato dall’ASL di Brindisi nell’ambito dei progetti di sensibilizzazione su queste malattie sostenuti dalla Regione, in cosa consistano le problematiche che persone affette da malattie quali il Morbo di Alzheimer, per le quali non esistono attualmente terapie valide.
I numeri: in una provincia come quella di Brindisi, con il 20% della popolazione residente di età superiore ai 65 anni, la stima di persone affette da forme di demenza senile si aggira fra le 5000 e le 6000 unità: numeri che richiedono la presenza di una rete di strutture, come centri diurni o residenze assistenziali, tali da consentire la presa in carico di quei pazienti per i quali non è possibile la permanenza nel nucleo familiare.
Uno dei problemi maggiori, se non il problema, che devono affrontare i familiari di questi ammalati, è proprio il gravoso carico assistenziale rappresentato da persone non più autosufficienti, che perdono la capacità di svolgere correttamente anche le mansioni quotidiane più elementari: la situazione si fa tanto più difficile quanto più quel carico poggia sulle spalle di meno persone. Una cosa è se esso può distribuirsi sulle spalle di più figli, ben altra cosa è se esso ricade sulle quelle di uno solo o del solo coniuge, il quale andrà facilmente incontro ad una comprensibile frustrazione. Essendo sempre meno le famiglie numerose, ed essendo questa una terra dalla quale in tanti si sono allontanati per questioni lavorative, si pone una gigantesca problematica assistenziale.
Altrettanto delicata è la questione dello stigma sociale, la paura del giudizio al quale si va a volte incontro nel dover affrontare la malattia, come pazienti o familiari di pazienti, questione legata peraltro a tutte le forme di disagio mentale.
Peraltro sono proprio i familiari a notare per primi quei momenti di amnesia, quelle dimenticanze legate ai fatti recenti, che fanno accendere la spia del pericolo. Essi rappresentano una forma di declino cognitivo e sono, assieme ai disturbi del comportamento ed alle problematiche nella gestione della vita quotidiana i tre requisiti in base ai quali si può fare una diagnosi di demenza senile, ma il termine non inganni: esistono casi nei quali essa insorge precocemente, prima dei 60 anni, quando non si è assolutamente anziani, e sono per di più quelle con una prognosi più infausta, perché la malattia progredisce in queste persone più rapidamente.
Fondamentale diventa allora una diagnosi precoce, come asserito dallo psicologo Gianluca Giannone, che nell’ASL di Brindisi si occupa di effettuare i test neuropsicologici in grado, assieme agli esami come la Tac e la risonanza dell’encefalo, di diagnosticare la malattia. Importante perché, intervenendo con le terapie farmacologiche a disposizione, quella del “semplice” declino neuro-cognitivo, è possibile che la malattia si stabilizzi e non si tramuti in una forma di malattia ormai conclamata ed inarrestabile.
Esistono certamente fattori di rischio e fattori di protezione: fra i primi una cattiva alimentazione, l’obesità o anche l’uso continuativo di determinati psicofarmaci. Fra i secondi gli esperti raccomandano di svolgere attività fisica moderata costantemente, in particolare lunghe passeggiate a piedi, così come è molto importante il grado d’istruzione: quanto più una persona ha avuto modo nella sua vita di arricchire il proprio bagaglio culturale, di allenare continuamente il proprio cervello, di sollecitarlo con stimoli legati ad interessi e letture, tanto più difficilmente esso sarà attaccabile da forme di disturbo neuro-cognitivo.
Importante è anche evitare il rischio di condurre una vita isolata: non si tratta di fattori che escludano in maniera categorica la possibilità di ammalarsi, ma ne abbassano certamente il rischio.