Comune di Bari, indagine ad ampio spettro preventivo

Comune di Bari, indagine ad ampio spettro preventivo Il Prefetto ha nominato la commissione di accesso agli atti per il comune di Bari. La commissione avrà tre mesi di tempo per indagare nell’attività dell’amministrazione e scoprire se vi sono stati condizionamenti diretti o indiretti della criminalità organizzata. Il termine può essere prorogato di altri 3 mesi.
Si tratta di una normativa con funzione preventiva e cautelare e non punitiva.
La decisione del governo motivata da Piantedosi sulla base di due indagini giudiziarie in corso nel capoluogo di regione pugliese, riguarda le attività dei clan mafiosi della città, e in particolare di quello del clan Parisi nel quartiere Japigia, che ha portato all’arresto di un centinaio di persone accusate di associazione mafiosa, di voto di scambio o di aver comunque in vario modo favorito le attività dei gruppi criminali; l’altra riguarda invece le infiltrazioni mafiose nella Amtab, la società dei trasporti interamente controllata dal comune, che nel frattempo dallo scorso 22 febbraio è stata posta dal tribunale di Bari sotto amministrazione giudiziaria, cioè affidata alla guida di un manager scelto dal tribunale stesso.
E’ infatti giunta ieri mattina la Commissione d’accesso al Comune di Bari. Il prefetto di Bari, dott. Francesco Russo, su delega del Ministro dell’Interno, ha infatti disposto l’accesso antimafia nel Comune e proprio ieri mattina si è insediata la Commissione d’accesso, presieduta da tre commissari (Claudio Sammartino, ex prefetto di Taranto, il viceprefetto Antonio Giannelli e il maggiore tarantino Pio Giuseppe Stola della Finanza), per effettuare una ricognizione sull’attività del Comune ed accertare eventuali infiltrazioni da parte della mafia.
Ieri mattina dopo una prima visita preliminare, i componenti della commissione d’accesso, hanno svolto una prima visita preliminare, incontrando alcuni dirigenti e il segretario generale Donato Susca.
La commissione resterà in carica tre mesi salvo eventuali proroghe. Ieri mattina hanno incontrato il sindaco Antonio Decaro, e hanno acquisito alcuni documenti.
Il comune di Bari sarà tenuto a predisporre, al pari del sindaco, una relazione di inizio e una di conclusione della gestione. Il tutto con evidenti finalità di trasparenza, monitoraggio e verifica dei risultati della stessa.
Sarà tutto più chiaro la prossima settimana, quando, probabilmente dopo lunedì 1 aprile, avrà luogo una riunione prodromica all’approdo e acquisizione di ulteriori documenti.
L’obiettivo è chiaro: “evitare un pregiudizio grave e imminente alla collettività qualora non siano emersi elementi sintomatici idonei allo scioglimento del comune per infiltrazioni mafiose“.
Si tratta di un atto di alta amministrazione, come tale caratterizzato da un’ampia discrezionalità. Per giungere allo scioglimento non è necessario che siano stati commessi reati perseguibili penalmente oppure che possano essere disposte misure di prevenzione, essendo sufficiente che emerga una possibile soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata.
Gli indizi raccolti saranno documentati, devono essere concordanti tra loro e davvero indicativi dell’influenza del crimine organizzato sull’amministrazione (valutazioni realizzabili attraverso una puntuale analisi della legittimità degli atti adottati dall’ente locale), potendosi prescindere dalla prova rigorosa dell’accertata volontà degli amministratori di assecondare le richieste della criminalità.
L’attività di indagine avrà ad oggetto anche il comportamento dell’apparato amministrativo (segretario comunale, dirigenti, dipendenti), in ragione delle rilevanti responsabilità e competenze attribuite alla burocrazia locale dalla legislazione vigente.
Nella relazione saranno indicati appalti, contratti e servizi interessati dai fenomeni di interferenza mafiosa. Anche qualora non venisse disposto lo scioglimento ma sussistessero comunque collegamenti dell’apparato burocratico con organizzazioni criminali, «con decreto del Ministro dell’Interno, su proposta del prefetto, sarà adottato ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in atto» (art. 143, co. 5), inclusa la sospensione/destituzione dall’impiego dei dipendenti coinvolti. In presenza di elementi «concreti, univoci e rilevanti» circa i collegamenti tra amministratori e organizzazioni mafiose, la suddetta relazione sarà inviata anche all’autorità giudiziaria ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione (art. 143, co. 8).
Nell’ipotesi in cui non sussistessero i presupposti per lo scioglimento o l’adozione di altri provvedimenti, ma siano comunque state perpetrate condotte tali da determinare la compromissione del buon andamento dell’amministrazione, sarà attribuito al prefetto il potere di individuare (nei limiti dell’area extra-penale) i prioritari interventi di risanamento e i conseguenti atti da assumere.
In caso di decreto di scioglimento, si conserveranno gli effetti da dodici a diciotto mesi, prorogabili a ventiquattro in casi eccezionali (art. 143, co. 10). Esso determinerà anzitutto la cessazione dalla carica di tutti i detentori di ruoli elettivi e di governo (art. 143, co. 4), nonché la risoluzione di tutti gli incarichi dirigenziali a contratto, salvo il rinnovo degli stessi da parte della commissione straordinaria (art. 143, co. 6).
Il problema delle infiltrazioni mafiose negli enti locali, rimane principalmente culturale ed evidenzia anche la continuità dell’assetto malavitoso.
E’ un tema che resta ancora sottotraccia nel dibattito politico e sociale, pur mettendo in evidenza proprio un costante dialogo tra clan e colletti bianchi che incide sulla democrazia, su stabilità degli enti locali e delle amministrazioni, su imparzialità e buon andamento, gestione di territori e scelte politico-economiche.