La crisi dell’industria brindisina fa tremare una città già allo stremo

NEGLI SCORSI GIORNI EUROAPI, AZIENDA DELLA CHIMICA FARMACEUTICA, HA DICHIARATO PUBBLICAMENTE DI VOLER INTERROMPERE IL PROPRIO PROGRAMMA DI PRODUZIONE NELLA CITTA’
Brindisi città a vocazione industriale vede all’orizzonte un futuro pieno di incognite relativamente ai nodi strategici del proprio tessuto industriale, che sono sostanzialmente la chimica, la chimica farmaceutica e la produzione di energia. Tali nodi, se non sciolti brillantemente o tagliati di netto (ma non si vedono all’orizzonte Alessandro Magno della situazione) potrebbero finire con l’aggravare la situazione di difficoltà che sta vivendo la città, alle prese con disoccupazione e conseguente, continuo, calo demografico,
La novità di questi giorni è l’annuncio da parte dell’azienda Euroapi, controllata del colosso della chimica farmaceutica Sanofi, di disinvestire su Brindisi, mettendo al rischio il futuro di ben 250 lavoratori del sito brindisino. La comunicazione le ha attirato gli strali della politica e dei sindacati: il segretario cittadino del PD, Francesco Cannalire, ha ricordato come lo stabilimento Euroapi sia stato fra gli opifici maggiormente finanziati dalla Regione Puglia, quindi ha usufruito di soldi pubblici, tramite accordi di programma e contratti di sviluppo finalizzati a potenziare la produzione. Perciò Sanofi, seppur schermata da Euroapi ha l’obbligo, non solo morale, di investire le risorse necessarie a rilanciare la produzione a Brindisi”.
Gli ha fatto scudo il consigliere regionale del PD, ed ex sindaco di Francavilla Fontana, Maurizio Bruno: “Brindisi continua a essere solo questo: una città da spremere e da abbandonare quando non serve più. Euroapi ha ricevuto in questi anni importanti sovvenzioni da parte della Regione. Soldi che servivano proprio a garantire prosperità all’azienda e quindi stabilità ai lavoratori”. Della serie: prendi i soldi e scappa. I sindacati della categoria della chimica di CGIL, CISL e UIL si sono invece appellati a Michele Emiliano, chiedendogli di replicare quanto fatto recentemente sulla chimica di base, aprendo un tavolo di crisi anche su quella farmaceutica.
Si ricorda a proposito la crisi di fine 2023 aperta a seguito della scelta della multinazionale svedese Basell di chiudere uno degli impianti presenti nello stabilimento di Brindisi, il P9T, arrivato alla fine del suo ciclo produttivo, giudicandolo non più remunerativo e non strategico per il suo business, e non meritevole di essere perciò rimpiazzato da uno nuovo. Della decisione pagano le conseguenze più immediate 46 lavoratori, costretti a scegliere fra pre-pensionamenti, cassa integrazione e spostamento obbligato nel sito di Ferrara.
Esiste poi la questione dello stabilimento Enel della centrale a carbone di Cerano, avviata a chiusura definitiva alla fine del prossimo anno, ma già funzionante a scartamento ridotto. Su come trovare una possibilità di reimpiego alle centinaia di lavoratori lì impiegati si discute da tempo: cantieristica navale, impianto di desalinizzazione, per andare incontro anche alla crisi idrica di cui soffre l’area, impianti di produzione di energia pulita, utilizzando la grande estensione di terreni prospiciente l’impianto, resa non utilizzabile a fini agricoli dagli agenti inquinanti emessi dalla centrale in tanti anni. La questione specifica di fuoriuscita dal carbone a Brindisi, verrà affrontata in un tavolo specifico presso il Ministero dell’Industria martedì prossimo a Roma, che dovrà mettere ordine fra le varie possibilità, cercando di ragionare su come non privare di un solo posto di lavoro un territorio ridotto già allo stremo delle forze.