Ricostruire l’altra colonna della via Appia a Brindisi? L’idea del consigliere comunale Roberto Quarta

SUGGESTIVO PARALLELISMO FRA LA STORIA ANTICA, E LE VICENDE ODIERNE, DEI MONUMENTI PIù RAPPRESENTATIVI DI BRINDISI E LECCE
Nei due capoluoghi di provincia della penisola salentina, distanti appena 35 km l’uno dall’altro, si discute su come ripensare i rispettivi monumenti simbolo (o due fra i monumenti simbolo andando, nel caso di Lecce, la nostra preferenza per Piazza Duomo): scalinata virgiliana e colonna della via Appia per Brindisi, Piazza Sant’Oronzo per Lecce.
La cosa davvero significativa è che i due luoghi sono non solo al centro dell’attenzione per i possibili cambiamenti cui verranno sottoposti, ma sono storicamente, e visceralmente legati l’uno all’altro: non tutti sanno che la colonna di Piazza S.Oronzo, alta 29 metri, sulla cui sommità è stata posizionata per secoli una statua raffigurante il santo patrono della città, era la colonna gemella di quella posta a Brindisi sulla scalinata virgiliana. Crollata misteriosamente nel 1528, i suoi pesantissimi blocchi furono trasportati nel 1660, con un’impresa degna della costruzione di una piramide egizia, a Lecce, dove furono assemblati e rimessi in piedi proprio in quella che sarebbe diventata la Piazza Sant’Oronzo.
Ebbene, come se non bastasse questo legame storico, la contemporaneità ce ne offre un altro: nel 2019 la statua di Sant’Oronzo fu tolta dalla sommità della colonna perché gli agenti atmosferici l’avevano inevitabilmente intaccata. Restaurata, ora si trova presso il palazzo del Comune, ma si discute della possibilità di inserirla nel cosiddetto “Sedile”, il monumento in pietra leccese chiuso da grandi vetrate posto sempre nella stessa piazza, in modo che possa essere visibile sempre a tutti i visitatori, al riparo dalle intemperie. Al suo posto è infatti, in fase di ultimazione una copia in bronzo fatta realizzare a Nola, che presto dovrebbe tornare a svettare dalla cima della colonna rimasta “orfana”.
A Brindisi invece, il consigliere di Fratelli d’Italia Roberto Quarta ha lanciato una proposta che sta facendo discutere, quella di costruire, ex novo, una nuova colonna a fianco di quella superstite. Quarta ha così argomentato la sua idea, si tratterebbe di creare “un tavolo di lavoro partecipato, che coinvolga attivamente storici, esperti in materia di patrimonio artistico, rappresentanti delle istituzioni locali, esperti di storia dell’arte, membri della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio, nonché la realtà brindisina attraverso le sue realtà associative. Il duplice obiettivo del tavolo sarà, da un lato, quello di avviare una discussione approfondita sulla fattibilità della ricostruzione della seconda colonna romana, dall’altro verificare l’accoglienza di questa idea da parte dei brindisini, ascoltandone voci, valutazioni e considerazioni. Inoltre, considerata la rilevanza del progetto e le sue potenziali ricadute sul piano culturale, turistico ed economico, sarà necessario esplorare la possibilità di coinvolgere partner privati, comprese le multinazionali presenti sul nostro territorio”.
Il riferimento ultimo va certamente indirizzato ai costi ingenti che l’opera rappresenterebbe, e che potrebbero essere sostenuti dagli utili di qualche grande impresa, come forma di ristoro per i danni arrecati all’ambiente e alla salute della popolazione locale. Tuttavia, le reazioni paiono piuttosto freddine rispetto alla proposta. Il Primo cittadino, Giuseppe Marchionna, ha replicato seccamente: “perché costruire una colonna falsa, cambiando, in questo modo, lo skyline ?” (termine inglese indicante l’immagine aerea di una città). E infatti le perplessità degli esperti si appuntano essenzialmente su questo aspetto: l’immagine da cartolina di Brindisi è sempre stata quella che vede, al fianco dell’abitazione che la leggenda vuole sia stata quella nella quale il poeta augusteo Virgilio chiuse gli occhi per sempre nel 19 a.C., di ritorno da un viaggio in Oriente, una sola colonna eretta, e il grande rocchio di quella che crollò al suo fianco.
Ricostruirne una nuova sarebbe insomma un’operazione dal sapore posticcio, meglio piuttosto riqualificare e valorizzare adeguatamente l’esistente.