A Cerignola altro capitolo della saga del business “amico dell’ambiente”

Il business delle energie rinnovabili ha trovato, negli ultimi anni, grazie all’ideologia green, da una parte un puntello col quale incunearsi meglio nella capacità di accaparrarsi terreni una volta agricoli, dall’altra il modo per pulirsi una coscienza che, in quanto forma di business, non ha, ma comunque una copertura esteticamente accettabile rispetto alle proprie operazioni speculative.
Ai tempi della prima legislatura con governatore Niki Vendola, fra il 2005 ed il 2010, quando le campagne del brindisino vennero letteralmente sventrate (e con esse le strade provinciali, per realizzare le opere di collegamento dei cavi di corrente alla rete, in alcuni casi mai più rifatte…) per fare posto distese di pannelli solari, non eravamo ancora nell’era dei “Friday for future”, delle Greta Thunberg e dei giovani che riversano secchi di vernice nella fontana di Piazza di Spagna o sul vetro che tutela la Gioconda, quindi l’operazione godeva di minori possibilità di imbellettamento esteriore rispetto all’orrore col quale si manifestava agli occhi delle persone. Nella fase attuale invece, quelle stesse logiche speculative hanno trovato nei piani quinquennali che, a marce forzate, dicono di voler condurre l’umanità fuori dall’abisso dell’inquinamento antropico, un alleato prezioso.
La questione si sta infatti riproponendo ora infatti, potenziata, in varie parti della Puglia e di tutte le regioni del sud, quelle “baciate” dal sole e dal vento, con una serie di progetti alle cui spalle ci sono sempre gli appetiti di multinazionali attirate dai lucrosi finanziamenti messi a disposizione dal PNRR o da altri progetti sponsorizzati dall’Unione Europea, della stessa natura ideologica: ambientalizzare e digitalizzare sono i verbi pass par tout, con i quali scardinare anche le ragioni dei veri ambientalisti, quelli che all’aspetto della natura ci tengono veramente, o anche, solamente, di proprietari terrieri i quali si vedono giungere a casa notifiche di esproprio da un giorno all’altro.
E’ quanto accaduto a Cerignola, terzo comune di Italia per estensione (!), con il suo agro di quasi 600 km quadrati, dove la Regione, ad insaputa dei proprietari, ha autorizzato in Conferenze dei servizi ad invito limitato, un parco eolico di quasi 80 Mw di potenza ad opera di una società di nome “Veneta energia”, una multinazionale con sede in Svizzera. Moltissime le lettere di esproprio recapitate ai proprietari, parte dei quali si sono rivolti all’avvocato Marco Trivisonne, già portatore di un altro ricorso contro identica procedura di autorizzazione regionale nella vicina Stornarella, per cercare di tutelare i propri diritti.
Il legale ha già interpellato il Pres. Michele Emiliano ed il dirigente del dipartimento Sviluppo Economico sezione “transizione energetica” (l’espressione magica che tutto può) chiedendo loro conto dell’autorizzazione unica concessa, a totale insaputa dei proprietari dei terreni.
Della questione si sono occupati i giorni scorsi la trasmissione televisiva “Fuori dal Coro” ed il quotidiano “La Verità”. Interpellato da quest’ultima, Trivisonne ricorda come, in cambio di un indennizzo modesto, questa procedura significhi sacrificare tantissimi ettari di terreno per sempre, anche oltre il vincolo pluridecennale che li lega agli impianti di produzione di energia che li riguardano. Tutto questo per opere che di “pubblica utilità”, come spiega l’avvocato, non hanno davvero nulla.