Anna e Anna: Amiche e Attrici.

INTERVISTA DOPPIA AD ANNA DIMITRI E AD ANNA GIAFFREDA, PROTAGONISTE DELLO SPETTACOLO TEATRALE “ÈvVIVA la Libertà” ED ATTRICI DEL GRUPPO TEATRALE “VOCI LIBERE”
Anna Dimitri e Anna Giaffreda hanno portato lo scorso sabato, sul palco del teatro “Asfalto” di Lecce, lo spettacolo intitolato “ÈvVIVA la Libertà” , dedicato alla figura umana, politica e artistica di Melina Merkouri (1920-1994), una donna che provò sulle sua pelle le durezze e le ostilità del regime spietato dei “colonnelli” greci, prima di diventare Ministro della Cultura fra il 1981 ed il 1989 e poi ancora nel 1993, poco prima di morire, nel suo stesso Paese, riconquistato alla democrazia.
Lo spettacolo andato in scena a Lecce è un adattamento di un precedente progetto, nel quale Anna Dimitri aveva già incarnato la figura della Merkouri, recitato però sotto forma di monologo. Sono rimaste di esso le parti canore, con canzoni che furono scritte e musicate per Melina Merkouri da grandi compositori come Mikis Theodorakis e Manos Hatzidakis, che Anna ha saputo interpretare con maestria, accompagnata dal sassofono di Roberto Gagliardi.
Ciò che è cambiato, rispetto allo spettacolo andato in scena già in altre occasioni a partire dal 2019, è stata l’impostazione primaria dello stesso: non più un monologo, ma un’intervista nella quale, a fare da ficcante intervistatrice,c’è l’altra Anna, Giaffreda. Il loro sodalizio artistico e la loro amicizia sono infatti, per quanto fortissimi, di data più recente. E, in un certo senso, come scoprirete leggendo la nostra intervista, era inevitabile che Anna e Anna trovassero questa simbiosi.
Le incontriamo a Surbo, nell’accogliente abitazione che A.Dimitri condivide con il marito Antonio. Fuori, una di quelle giornate che più sciroccose non si può, nelle quali le nostre terre ci mostrano il loro volto più minaccioso.
Anna e Anna: prima amiche o prima colleghe di palco?
A.D.: entrambe le cose, perché noi ci siamo conosciute anche per mezzo del palcoscenico: lavorare sul personaggio vuol dire lavorare su se stessi, esporsi in prima persona, mostrare una parte di se stessi attraverso il personaggio interpretato.
A.G.: Noi ci siamo conosciute nella vita reale in occasione delle proteste contro le inaccettabili restrizione di carattere pseudo-sanitario legate alla pandemia. Abbiamo messo su un un progetto teatrale denominato “Voci libere”, che ci consentiva, anche durante la nefasta epoca del green pass, di manifestare il nostro desiderio di comunità e e di manifestare, in forma artistica, il nostro dissenso.
A.D.: il primo spettacolo di Voci libere lo abbiamo organizzato nel marzo 2022 a Martano, in una serata freddissima, nella quale in una piazza abbiamo intrattenuto persone che avevano quasi perso la capacità di stare assieme agli altri. In quell’occasione, attraverso la musica, la poesia, la prosa, la lettura di alcuni articoli della Costituzione, abbiamo cercato di fare satira sociale…
A.G.: …di illuminare, almeno in parte, le menti accecate dalla propaganda! Sarebbe bastato leggerli,
gli articoli della Costituzione!
In effetti il rischio è che quanto accaduto finisca progressivamente nel dimenticatoio…
A.D.: ecco perché è nato lo spettacolo denominato “Coproville” (che Voci libere porterà in scena presto a Maglie n.d.r.) pensato appositamente per tenere viva la memoria degli abusi ingiustificati e anti-scientifici che sono stati perpetrati, ma ridendoci su.
Sul palco perché, il teatro perché, in cerca di quali emozioni, con quale obiettivo?
A.D. Con la necessità di condividere pensieri, essenzialmente. Ogni storia rappresentata è filtrata attraverso il nostro vissuto, da quelle sul green pass a quella su Melina Merkouri. Tanto per fare un esempio, la mia rappresentazione della sua vicenda è mutata molto nel corso degli anni in cui l’ho interpretata, perché il 2019, per le cose che ci sono capitate, è quasi un’altra era geologica.
Lo stesso titolo immagino costituisca un’allegoria: “ÈvVIVA la Libertà”…
A.G.: sì infatti.
Ecco, una domanda sorge a questo punto spontanea: il modo col quale avete strutturato lo spettacolo è identico con quanto stiamo facendo noi ora: un’intervista. Come ci siete arrivati a questo tipo di strutturazione?
A.G.: Io sono abituata innanzitutto a raccogliere personalmente tutto il materiale possibile esistente su un personaggio su cui debbo scrivere il copione. Costa fatica ma alla fine è un lavoro che sento molto più mio di un copione già assegnato. La storia della giornalista è venuta fuori a partire dal fatto che esistessero diverse biografie scritte sulla Merkouri: in francese, in inglese, in tedesco, non in italiano. In quella in tedesco era presente un’intervista che ci ha fornito lo spunto prezioso.
A.D. Poi ogni cosa matura mettendolo in scena. Le prove hanno valore fino a un certo punto, è la rappresentazione davanti allo spettatore che fa la differenza. Noi lo abbiamo messo in scena due volte finora ma saranno necessari altri spettacoli, dei quali mai uno uguale all’altro…
A.G. È anche, semplicemente, il fatto di mutare i luoghi di rappresentazione che spinge a cambiare alcuni contenuti della rappresentazione. Cambiano anche gli oggetti che fanno da sfondo.
Ho notato come nello spettacolo non ci siano riferimenti agli anni ’80, gli anni della sua attività politica come Ministro della Cultura…
A.D. Sì, per un motivo molto semplice, perché l’intervista è ambientata negli anni ’70, quelli dell’esilio in Francia. Lei ad un certo punto infatti dice “so che tornerò, se mi faranno tornare…” ma forse sarà bene esplicitarla meglio nei confronti del pubblico, che siamo negli anni ’70. Ecco perché non c’è il dopo. Ci sono i Colonnelli in Grecia quando viene rilasciata l’intervista biografica.
L’idea, la prima intuizione di fare uno spettacolo su questo personaggio tanto importante della storia greca contemporanea, immagino sia venuto a te (Anna Dimitri è originaria di uno dei paesi della Grecìa Salentina, Corigliano d’Otranto n.d.r.) Da quanti anni avevi in mente di farlo?
A.D. Allora, c’era una rassegna teatrale che si teneva ogni anno a Brindisi, denominata “Voci Mediterranee”, organizzata dalla comunità ellenica di Lecce. Nel 2018 mi chiesero un intervento che raffigurasse una delle figure femminili che avessero contribuito a fare grandi la cultura greca. Io onestamente, a parte la Callas, non ne conoscevo altre. Mi misi però a fare delle ricerche su Internet e mi imbattei nella figura di Melina Merkouri. Mi procurai, faticosamente, una sua biografia in lingua inglese “I was born greek”, che lessi e mi aiutò nella presentazione che doveva fare e che piacque tanto. Quello fu l’input per approfondire i termini della conoscenza, perché compresi le potenzialità del personaggio. Scrissi quindi il monologo, che recitai varie volte pubblicamente nel 2019. E allora è iniziato un work in progress che non si esaurirà presto…
Altre figure femminili che vorreste portare sulla scena, ci avete mai pensato?
A.G. Sicuramente sì, molte. Ho già lavorato sulla figura di Maria D’Enghien, figura politica italiana
di spicco a cavallo fra la fine del Medioevo ed il primo Rinascimento, così come ho pensato di elaborare un testo su Sophia Stevens, poetessa anglo-gallipolina tardo-romantica, che sentivo affine a me per la provenienza (l’altra Anna è di Sannicola, comune della zona di Gallipoli) ma dalla quale poi mi ha allontanato l’approfondimento sulla sua estrazione sociale, troppo distante da quello a me congeniale dal punto di vista narrativo.
Altri generi teatrali, altre tematiche che vorreste trattare col vostro gruppo?
A.D. Noi ci siamo recentemente costitui come associazione, col nome di Mir Art. Il nome “mir” in russo vuol dire sia pace sia mondo e noi ci teniamo a che la grande cultura russa non sia più vittima di ingiustificato ostracismo. Per il resto siamo aperti anche a rappresentare storie di tipo drammatico, ma l’associazione ha trovato una sua ragion d’essere dietro al filone della satira sociale, in un periodo drammatico quale quello nel quale è sorta.
A.G. Ci hanno spinti verso la paura, serviva un momento di leggerezza, ecco da dove usciva Coproville, dal rifiuto per certe vicende di pura e ordinaria discriminazione che avevamo vissuto sulla nostra pelle, anche di mamme, nel mio caso.
Avete delle “dichiarazioni spontanee” da lasciare, in chiusura d’intervista?
A.D. Sì, per me il teatro è una ragione di vita vera e propria. Io insegno come maestra elementare con un part time anche per lasciami del tempo e delle energie residue da dedicare a questa mia grande passione. L’aspetto creativo, lo sfidare se stessi a trovare continuamente nuove soluzioni che possano dare vita a un’intuizione, e Anna questo lo sa meglio di me perché ci confrontiamo quotidianamente su queste cose, è qualcosa di impagabile. E queste energie non ci sarebbero se dovessi dedicare tempo pieno alla scuola, anche in virtù di come è strutturata la scuola ai nostri giorni. Io voglio credere che anche il coraggio di fare certe scelte noi l’abbiamo avuto perché abbiamo il dono di mettere il nostro cervello continuamente alla prova.
Anche, Pepe, il bellissimo gatto nero che ci ha ascoltati per la verità senza molta continuità, fa “sì” con la testa.
(nella foto di copertina, Anna Giaffreda è leggermente in primo piano rispetto ad Anna Dimitri)