Luciano Canfora chiamato a difendersi in giudizio dall’accusa di “diffamazione” nei confronti di Giorgia Meloni

E’ fissato per il prossimo 16 aprile, a Bari, il processo che vedrà imputato Luciano Canfora, uno dei più rinomati esperti della classicità greca e latina esistenti, Professore Emerito da tantissimi anni di filologia classica dell’ateneo barese. Canfora dovrà rispondere dell’accusa di “diffamazione” per le frasi utilizzate nei confronti del Primo Ministro italiano, Giorgia Meloni, pronunciate due anni fa, in un’occasione pubblica, dove si discuteva del conflitto russo-ucraino.
Queste le parole pronunciate dal Professore: “La leader di Fratelli d’Italia, poveretta, trattata di solito come una mentecatta pericolosissima, essendo neonazista nell’animo si è subito schierata con i neonazisti ucraini”. Giorgia Meloni diede mandato al suo legale, il deputato di FdI Andrea Delmastro, di querelare Luciano Canfora il quale, a sua volta, verrà difeso in sede di giudizio dall’avvocato Michele Laforgia, in predicato di diventare il candidato del centro-sinistra alle Comunali di Bari del prossimo giugno.
Per la verità, Canfora si è sforzato in seguito di precisare il riferimento alla categoria politica del “neonazismo”, non attribuendo ad essa una valenza storica, asserendo quindi con ciò che Meloni sia una nostalgica del regime hitleriano, ma che il primo Primo ministro donna della storia italiana abbia pronunciato dichiarazioni o assunti posizioni politiche che, nella sostanza, richiamano alla mente l’atteggiamento suprematista, con riferimento in particolare alla questione dei migranti, laddove ci si pronunci, in termini categorici, a favore dei respingimenti delle persone che cerchino di raggiungere le coste italiane dopo aver attraversato il Mediterraneo, mettendo a rischio la propria vita, come avrebbe fatto Meloni.
La precisazione, come è evidente, non poteva bastare al Capo del Governo, perché Canfora ha solamente contestualizzato il merito delle sue convinzioni a proposito delle posizione politiche di Meloni, senza neppure provare a dire di aver sbagliato ad utilizzare la categoria del “neonazismo”. Non ci interessa qui entrare nel merito della diatriba fra due personalità che sapranno al meglio far valere i rispettivi punti di vista nelle opportune sedi, è proprio il caso di dire, quanto ricordare come Giorgia Meloni, da semplice parlamentare del suo movimento politico in una seduta alla Camera dell’1 ottobre 2014 tuonò non solo contro le sanzioni UE alla Russia (lo avrebbe fatto ripetutamente negli anni a venire) ma anche contro la volontà di far entrare, udite bene, l’Ucraina nella NATO, il motivo per il quale poi Putin, assieme alle violenze che subiva la popolazione russofona del Donbass, ha voluto condurre quella che ha definito “operazione speciale”.
Se fossimo, non diciamo in una seduta di un tribunale, ma in una dibattito pubblico, vorremmo chiedere al Primo Ministro come mai cioè che riteneva destabilizzante nel 2014, che l’Ucraina accettasse che dei missili targati NATO fossero puntati sulla frontiera con la Russia, nel giro di pochi anni sarebbe divenuto qualcosa di tollerabile senza troppe preoccupazioni.