La fontana racconta, la storia delle “Cape de firr” icona indiscussa di questa epocale conquista sociale

La fontana racconta, la storia delle “Cape de firr” icona indiscussa di questa epocale conquista sociale L’acqua è ciò che distingue la vita sul nostro pianeta, l’acqua è il flusso che fa pensare al Tempo, ma che in realtà è uno Spazio, quello dell’istante che caratterizza l’incontro con lei.
Occorre raccoglimento, in quei bagliori di stupore che proviamo con l’acqua, perché l’acqua è un istante. Quando si attraversano i vicoli in un paese è come se si aprisse un dialogo con la storia. Un insieme di sguardi che si incrociano tra immagini lontanissime immerse tra i sorrisi scolpiti dal tempo.
C’è un angolo dove si ferma il tempo, dove le identità diventano uguali e l’età lambisce il concetto relativo dell’esistenza. Purtroppo sono scorci di vita che vivono di istanti, ma aspirano all’immortalità.
Il domani potrebbero non conoscerlo. Sono quei posti dove vige la quiete in ogni stagione, che giacciono sotto il peso del tempo che inesorabilmente li fa appassionare di umidità e di decadenza. Seppur con il vento che forte spira, la pioggia battente e il gelo, le fontane, come le strade, sono snodi di una rete e non solo espressione di una identità locale.

La fontana, come altri elementi architettonici, trasforma una regione selvaggia in luogo familiare. Rende affidabile lo spazio ostile, lo apre e mette a disposizione del suo abitare, sia sui monti, nelle valli, sia in città.
Una storia lunga più di un secolo che l’Acquedotto Pugliese, ha deciso di narrare attraverso la mostra itinerante “La Fontana Racconta” che in lungo e in largo, in tutta la Puglia, documenta proprio l’arrivo dell’acqua in regione.
Oggi l’acqua corrente potabile è disponibile in ogni abitazione, ma in passato la distribuzione del prezioso liquido era data da fontane pubbliche, che costituivano un indispensabile punto di distribuzione di acqua potabile e di igiene.
Il PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha attivato diversi strumenti per la riqualificazione e ripristino del patrimonio storico e della riqualificazione degli spazi pubblici, rientrano anche i lavori per la sistemazione e il restauro delle fontane e la creazione di arredi ex novo per la valorizzazione dei luoghi pubblici, per consentirne il riutilizzo.

Le fontanelle in ghisa dell’Acquedotto Pugliese hanno avuto nella nostra terra un grande ruolo sociale, simbolo del riscatto di un’intera popolazione in lotta con la scarsità d’acqua. I pugliesi le amano e le rispettano, i turisti le guardano affascinati: le tante fontane presenti, specialmente nei centri storici, rientrano nei caratteri distintivi della regione.
Luogo di incontro, simbolo di prosperità e vita, segno tangibile di un popolo che si fa comunità, la fontanina in ghisa di Acquedotto Pugliese è oggi testimone della storia di intere generazioni.
Fulcro della vita quotidiana delle famiglie del sud, le fontanine sono state installate nel lontano 1914, anno durante il quale in una terra arida come la Puglia, arrivò finalmente l’acqua.
Le fontanine, furono per molti i luoghi di innamoramenti casuali, di appuntamenti con l’amata e divennero l’agorà delle donne, il ritrovo di chiacchiere, di sfoghi, di risate e di confidenze, come anche il parco giochi di generazioni di bambini soprattutto nel periodo estivo.
Ma la storia delle cosiddette “Cape de firr”, nasce da molto lontano.
Le fontane pubbliche dell’Acquedotto Pugliese di produzione artigianale, hanno una forma cilindrica rastremata con cappello superiore a forma di cappella di fungo in ghisa. Il rubinetto si presenta a erogazione continua con il gancio per sorreggere il secchio. Lateralmente alla colonna della fontanella in ghisa è presenta la manopola di apertura che comanda l’impianto interno della fontana. Ogni fontana però non avrebbe dovuto erogare meno di 25 metri cubi di acqua al giorno.
Erano il fulcro della vita quotidiana delle famiglie del sud, la povera terra priva di acqua. Averle in paese e in città, significò imparare ad essere comunità.

La storia delle fontane dell’Acquedotto Pugliese ha origine nel 1904 quando il Regio Decreto, sancì che sarebbero dovute essere installate una fontana per ogni 2500 abitanti nei grossi centri che ne contavano più di 20mila, una per ogni 1500 per i Comuni tra i 10 e 20 abitanti, e una per ogni 1000 abitanti o meno nei centri minori e, il Consorzio avrebbe dovuto costruire, a proprie spese, in numero proporzionato agli abitanti, delle fontanine che erogassero acqua gratuitamente, restando nella facoltà del Comune di disciplinare l’uso che avrebbe dovuto provvedere al pagamento.
La possibilità di potersi approvvigionare in modo autonomo e gratuito di buona acqua da bere, diede un impulso al benessere ed alla salute delle famiglie.
Sebbene oggi siano poco utilizzate e in molti paesi siano state rimosse, queste fontanine continuano a fare parte della storia imprescindibile della regione.
Il racconto è memoria, il racconto è testimonianza per guardare al futuro, chi ha tanti ricordi legati alle fontane e ai giovani, possono conoscere pagine lontane. La storia traccia la via. Nel passaggio dalle colonnine in ferro al servizio idrico di oggi, c’è tutto un percorso di cambiamento, innovazione e progresso al servizio dei cittadini.
L’acqua è un bene sociale che va rispettato e amato, infatti con l’arrivo dell’acqua in Puglia si registrò una minore mortalità legata all’uso di un’acqua pubblica di qualità che migliorò di molto la qualità di vita di un’intera popolazione. La fontana racconta per far conoscere agli abitanti delle città la storia dell’acqua e le ragioni per le quali è necessario averne cura.
La tappa altamurana della mostra arriva grazie all’impegno dell’Associazione Auser di Altamura, la cui presidente, Cesarina Clemente, sottolinea le ragioni che hanno portato a questo risultato: “La nostra è una Associazione di promozione sociale e l’acqua è un bene sociale che va rispettato e amato. È su questi valori che la nostra decisione si fonda, dare vita nel corso dell’anno 2023 ad un mini ciclo che avesse al centro il tema dell’Acqua, questo bene comune che integra il diritto alla vita e che deve essere utilizzato con cura e senza sprechi. Siamo partiti con la visita del prestigioso palazzo dell’Acquedotto Pugliese, che invitiamo tutte e tutti a visitare, per conoscere il luogo in cui si fanno le scelte, una realtà, fra le più grandi d’Europa, da tutelare e preservare; abbiamo proseguito con l’interessante e stupefacente visita alle sorgenti di Caposele e Cassano Irpino; per far conoscere agli abitanti della nostra città la storia dell’acqua e le ragioni per le quali è necessario averne cura”.
“La fontana racconta” non si limita a far rivivere la storia dell’acqua in Puglia attraverso fascinose fotografie del passato provenienti dall’archivio dell’Acquedotto Pugliese e da collezionisti e appassionati. Sono presenti anche cimeli e utensili di uso comune: botti, anfore, orci, vasi del ’900 destinati all’approvvigionamento, all’igiene personale, al trasporto, al consumo e alla conservazione dell’acqua prima che l’Acquedotto Pugliese entrasse in funzione e consentisse il miglioramento delle condizioni e dello stile di vita.
Oggi le fontanine in ghisa sono considerate un patrimonio da tutelare e valorizzare.
La “mitica” fontanella in ghisa 1914 ha ancora molto da raccontare.
Un grande progetto di conservazione della memoria per sottolineare la centralità del servizio idrico e il ruolo insostituibile dell’acqua pubblica per il benessere dei cittadini e lo sviluppo del territorio.
Per riflettere sull’importanza dell’acqua, un bene comune che va tutelato e mai sprecato, una ricchezza che non andrebbe mai data per scontata, perché dietro al semplice gesto di aprire il rubinetto di casa, c’è più di un secolo di lavoro e sacrificio, portato avanti ancora oggi dalla grande famiglia di Acquedotto Pugliese, che con l’esperienza del passato guarda ad un futuro innovativo e sostenibile.
Di queste antiche usanze oggi resta ben poco. Si lavano i panni a casa, a mano o in lavatrice. Le fontane sono abbandonate, sporche e poco usate. Ma da tempo si parla di possibili progetti per il recupero di questi luoghi, per farli diventare posti di una memoria lontana da custodire.