Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la storia di Maria
Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la storia di Maria Un costo sociale altissimo a fronte del quale l’unico “antidoto” è la prevenzione.
La violenza contro le donne si vince solo attraverso una sempre maggiore e radicata consapevolezza. Una cultura che si costruisce attraverso i confronti, le testimonianze, incontri in cui parlare, soprattutto ai giovani, raccontare il fenomeno da più prospettive.
La violenza contro le donne è problema di sanità pubblica una violazione dei diritti umani.
La violenza ha effetti negativi a breve e a lungo termine, sulla salute fisica, mentale, sessuale e riproduttiva della vittima. Le conseguenze possono determinare per le donne isolamento, incapacità di lavorare, limitata capacità di prendersi cura di sé stesse e dei propri figli. I bambini che assistono alla violenza all’interno dei nuclei familiari possono soffrire di disturbi emotivi e del comportamento. Una giornata per conoscere perché nessuna discriminazione sessista o razzista, possa spegnere un sorriso o una vita.
Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la storia di Maria
Sembra che la progressiva sensibilizzazione su questi temi non sia riuscita a coinvolgere l’Italia, soprattutto le regioni meridionali, nelle quali le donne faticano ancora oggi a guadagnare parità di genere a causa di una mancanza di cultura adeguata sull’argomento che permetta una vera emancipazione ed una vita al di fuori dello schema chiuso che la società impone, nel quale i posti di lavoro rimangono prerogativa solo ed esclusivamente maschile a causa del soffitto di cristallo che non permette alle donne di mettere a frutto le loro competenze.
Una sensibilizzazione che non riesce a coinvolgere i diversi ambiti della società e, più nello specifico, non tocca la famiglia, nella quale le donne, pur essendo lavoratrici come i mariti, ricoprono comunque il ruolo primario nella cura della casa e il compito quasi esclusivo della crescita dei figli, mentre gli uomini, sempre più capofamiglia di facciata, svelano, violenza dopo violenza, la propria debolezza e la difficoltà di vivere una vita inadeguata, incapaci di sostenere e forse vedendo nelle donne che stanno al loro fianco le capacità che mai avranno.
Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la storia di Maria
La vittima della nostra storia la chiameremo Maria, il nome è di fantasia o forse no. Sono tante purtroppo coloro che potrebbero chiamarsi così. Sono donne picchiate, maltrattate, umiliate anche davanti ai figli. Donne costrette a rimanere in silenzio. Donne che hanno paura e sorridono compiacenti davanti al compagno. Donne che spesso la Legge non protegge.
Si è soliti pensare che, chi picchia una donna, sia un delinquente, di poca cultura, dall’aspetto rude, ma non è sempre così. Spesso si nasconde dietro una apparente faccia insospettabile.
La storia di Maria è la storia di un amore disfunzionale, ma lei lo sa. Vittima di soprusi e maltrattamenti da parte di un uomo, il suo uomo. In Italia nell’82% dei casi chi fa violenza su una donna, non bussa, ha le chiavi di casa.
La violenza di genere è un problema di tutti, non solo di Maria, riguarda ogni regione d’Italia, non rileva la cultura, il censo, è un fenomeno trasversale.
Solo i pregiudizi e gli stereotipi di genere, costituiscono la matrice della violenza contro le donne, favorendo la concretizzazione dell’aggressività maschile in violenza agita fuori e dentro le mura domestiche, nella quasi collettiva difficoltà ad accettare i cambiamenti palesatesi negli ultimi anni che hanno e stanno provocando una profonda crisi nella storica asimmetria relazionale tra uomo e donna. Il processo di individuazione delle donne, sembra stia destabilizzando il predominio dell’uomo capo famiglia.
La storia di Maria, potrebbe essere quella di una donna italiana, pugliese. L’ennesima testimonianza di una donna ferita ma consapevole che il suo è un amore “ malato “, che l’uomo che dovrebbe rendere lei e i suoi figli felici, in realtà è diventato un aguzzino.
Fu un matrimonio di violenze e segregazioni quello di Maria e suo marito. Violento, geloso, possessivo. Quando Maria decise di lasciare suo marito, quest’ultimo si recò a casa dei genitori, dove tentò invano di riportarla a casa. L’uomo secondo il racconto, teneva Maria segregata in casa e le impediva di avere contatti attraverso il telefono, la picchiava perché non poteva esprimere nessun tipo di opinione che non fosse la sua. Maria si recava più volte dal suo avvocato sporgendo querele ma rimettendole subito dopo.
Tre figli che ama, una professionista in quiescenza, corpo mediterraneo, solare, amata e rispettata dalle amiche, molto socievole… quando tornava a casa, era consapevole di trovare la “ bestia “.
Stanca delle violenze Maria tentò la prima volta di rifugiarsi a casa dei genitori, lui la raggiunse e dopo averla rinchiusa in bagno e presa a calci e pugni, cercò di riportandola a casa.
Al culmine dell’ennesima lite venne aggredita e malmenata davanti ai suoi tre bambini, decise finalmente di sporgere denuncia raccontando la sua storia di violenza domestica.
Maria malgrado tutte le campagne di sensibilizzazione, malgrado le norme contro il reato, ha deciso per l’ennesima volta di perdonare ancora il suo uomo, pare che la violenza nella sua mente stia assumendo connotati strutturali e non occasionali.
Ha l’unica colpa di essere una rappresentante del gentil sesso con spirito compassionevole. Lei è una donna, e come tutte le donne, possiede immense ma non esauribili riserve di comprensione, capisce che quell’uomo ha qualcosa che non va, deve tentare di proteggere i figli, perdonando il suo aguzzino che ha manifestato l’abilità di passare dalla violenza alla richiesta di perdono, accompagnata da un’ apparente riflessione critica del proprio comportamento.
Maria collude attraverso il proprio bisogno di essere amata, del chiacchiericcio del paese e per il bene dei propri figli, rimanendo ahimè incastrata in quel processo crescente e ripetitivo di violenza, non comprendendo che ogni fase di riappacificazione, è l’ennesimo preludio di un nuovo ciclo di violenza.
Oramai Maria si rispecchia in un’immagine di sé completamente depauperata, mortificata, fragile e succube di suo marito, che la minaccia di sottrarle i bambini.
È utile ricordare a tutte le vittime di non smettere di gridare, di denunciare con coraggio, di rivolgersi ai Centri Antiviolenza, strutture idonee a comprendere la drammaticità della fattispecie di reato, grazie anche al supporto di psicologi, personale selezionato e specializzato alla trattazione della comunicazione di notizia di reato da inviare all’ autorità giudiziaria, vittime che possono parlare senza paura soprattutto in relazione all’ empatia emotiva necessaria per far esternare e precisare alla vittima circostanze e dettagli dolorosi.
È necessario però integrare all’azione delle autorità, anche un’adeguata informazione. Le donne che si ritrovano in situazioni di pericolo faticano a reagire e tendono a subire per paura: ripercussioni dall’autore della violenza, sfiducia nelle autorità che non fornirebbero protezione adeguata, giudizio di una società che troppo facilmente punta il dito contro la vittima.
Le donne dovrebbero aver già imparato a fare rete e a supportarsi in momenti di crisi, in modo da infondersi reciprocamente coraggio e aiutarsi per raggiungere finalmente il ruolo che meritano all’interno della società e per ribellarsi una volta per tutte alla violenza fisica e psicologica di cui sono spesso vittime.
La Polizia di Stato e i Carabinieri con l’introduzione della Legge n. 69 del 2019 “Codice Rosso ha pianificato un protocollo operativo, una legge che punta su un generale inasprimento delle pene e introduce “ il fattore tempo “ come elemento dominante per prevenire finali irreparabili.
Il Senato ha approvato definitivamente all’unanimità, con 157 voti favorevoli, il disegno di legge n. 923 presentato dal Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità Roccella, dal Ministro dell’interno Piantedosi e dal Ministro della giustizia Nordio avente ad oggetto “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica“, chiedendo di mettere risorse alla formazione degli operatori e delle operatrici e di calendarizzare in tempi rapidi le proposte di legge che insistono sulla prevenzione, compresa l’educazione al rispetto e all’affettività in tutti i cicli scolastici e l’inserimento nei programmi scolastici l’educazione al rispetto.
Solo denunciando si può riacquistare autostima e dignità per vincere. Maria, nasconde con un tenue sorriso la sua disperazione. Sa che la prossima volta può esserle fatale. Già la prossima volta, potrà essere la notizia d’apertura dei giornali locali.
Oggi è il tempo di uscir dalla nebbia,
Quiete violata,
Riveder le stelle del cielo che brillano.
Basta spalle voltate e silenzi,
Porte serrate.
Non mi sento più sola e ferita,
Stammi vicino
Anche tu coi tuoi mille da fare
ASCOLTAMI ( P. Ferrara docet )