Gerardo Placido in scena con Giallo Narciso

Gerardo Placido in scena con Giallo Narciso Ci siamo sempre chiesti cosa spinge gli uomini ad essere violenti e non siamo riusciti a trovare una risposta che non sia quella che da Benedetto Croce ad Asimov veniva definita come una “debolezza”, una sorta di rifugio di quelli che vengono definiti degli “incapaci sociali”.
Il terzo millennio che sta correndo velocemente, ci fa porre degli interrogativi perché i dubbi sono tanti sulla condizione della bestialità umana. Finiscono le passioni, finiscono le magie degli incontri, non c’è più la dolcezza degli sguardi e quando inizi a capire che stai insieme ad un corpo quasi estraneo dove ogni sentimento è stato consumato, dove l’inesorabile avidità del tempo ha usurato un rapporto, lì occorre finire perché non c’è nessuna storia d’amore più importante della vita stessa.
La gelosia dev’essere forma soave di un sentimento, la bellezza di misurare quel senso amoroso che sfocia nel piacere dei sensi e non un ossessivo crimine fatto di violenza e di persecuzione.
Solo l’Amore quello vero, quindi, attraverso la mediazione artistica, ha la possibilità di sconfiggere la violenza, di creare quella possibilità di catarsi in grado di revitalizzare spazi e di restituirgli dignità, fede e voce, parlando direttamente alle persone e interagendo con loro, in un rito che risveglia la coscienza comunitaria e ne fa fondamento per una coscienza collettiva.
Gerardo Placido ha deciso di portare in scena il libro “Giallo Narciso” di Donata Maria Biase nella settimana delle Scarpette Rosse promossa dal Comune di Altamura e condotta dal giornalista Vito Giordano.
- Chi è il Maestro Gerardo Placido e perché ha deciso di portare in scena il libro Giallo Narciso?
Classe 1949, nasco ad Ascoli Satriano, fratello minore di Michele Placido. Lavoro come produttore e sceneggiatore. Attore anche di fotoromanzi, ho esordito al cinema nel ruolo di Michele Rizzuto nel film Una vita venduta del 1976. Nel 1974 ho interpretato il pittore nello sceneggiato televisivo Il dipinto. Interprete anche del controverso Blue Nude. Negli anni Ottanta sono entrato nel cast della prima telenovela italiana, Felicità… dove sei! Nel 2010 ho collaborato alla scrittura della sceneggiatura del film Vallanzasca “Gli angeli del male” di mio fratello Michele Placido. Nel film ho interpretato anche il padre di Renato Vallanzasca. Tra le mie esperienze teatrali: La grande magia, di Eduardo De Filippo.
Nel 2022 ho avviato l’ultima mia avventura: la Placida Academy, un ambiente di studio, ricerca e sviluppo di soluzioni creative per la comunicazione in pubblico e per l’uso espressivo della voce e del corpo nell’era digitale. Io ed i miei collaboratori siamo convinti che abbiano tanto da dire e da dare esplorando le possibilità espressive più avanzate.
La protagonista di questo romanzo mi ha conquistato a tal punto da spingermi a lavorare su una riduzione teatrale del libro.
- Cosa pensa della recrudescenza della violenza contro le donne?
La violenza come fenomeno “profondamente radicato nelle disuguaglianze” tra uomini e donne, la considero “una delle più rilevanti violazioni dei diritti umani”. La violenza è violenza diretta contro una persona, a prescindere se sia donna oppure uomo. La violenza su donne e ragazze è un problema sistemico, che incide sulla vita di milioni di persone. È evidente che non tutti gli uomini uccidono, violentano, molestano, aggrediscono, abusano fisicamente o psicologicamente le donne. Non tutti gli uomini scambiano foto intime delle ex nelle chat con gli amici o fanno cat calling per strada. E…che fortuna!
- Qual è il messaggio che vuole lanciare attraverso questo recital di musica e poesia?
In questa mia nuova avventura teatrale le parole e la poesia sono le protagoniste indiscusse del recital “Giallo Narciso”, perché attraverso l’arte della musica e del canto, riesco ad esprimere le emozioni di questa intensa passione d’amore.
Elisa, la protagonista, ha affidato alle pagine di un diario le sensazioni, i pensieri, i tormenti della sua relazione intessendo un immaginario dialogo con sua madre. E’ una storia umanissima di violenza ma il mio, è un messaggio di speranza, la speranza di un Amore vero e sano.
- Cosa rappresenta per lei l’amore e la poesia?
Mi definisco un uomo vero, autentico. Per me l’amore è un dono, come lo è la poesia. Per me l’amore non morirà mai. L’ amore rappresenta attimi somiglianti a infiniti pensieri, l’incespicarsi di emozioni che, contrastanti tra di loro, volgono alle variopinte emozioni che solo l’amore dona, ma che allo stesso tempo delude, implora e muore.
Dovremmo imparare ad immergerci in un vortice e lasciarci trasportare, come se ascoltassimo una musica nuova, uno stile come un solfeggio di rumori impercettibili che solo l’anima sa ascoltare, tacendo. L’amore per la donna, ai miei tempi, non era un amore passionale; era un amore delicato. La donna era vista come un angelo che si innalzava su tutti, come simbolo di superiorità spirituale e mentale rispetto all’uomo.
Alla mia età ho capito che l’amore è fondamentale e non morirà mai. L’amore è un’altra cosa. O basi tutto sull’amore o nulla. Come diceva San Francesco: “Tutto questo non mi serve“. L’amore è intramontabile soprattutto in questo periodo storico di oscurantismo sociale, penso che in ogni uomo risieda l’amore, l’amore è lì e non finirà mai, anche se viviamo in un momento storico in cui la fede si sta perdendo.
– Cosa le ha colpito della protagonista del libro Giallo Narciso?
Il personaggio principale di questo romanzo Elisa, mi ha catapultato indietro di secoli, attraverso le tante tumultuose storie d’amore e i personaggi a tutti noi noti, come la bella Giulietta e l’affascinante Cleopatra di William Shakespeare, “… fatta della stessa materia di cui sono fatti i sogni…”, la bellissima Didone “solo quest’uomo ha commosso i miei sensi e l’animo mi ha fatto vacillare”, dall’Eneide del Sommo Virgilio… “Ah questo amore così fragile, così tenero, così disperato” del carissimo Prévert. L’amore, l’amore, quante gioie, sospiri e sofferenze. “Chi non amò, non meritò di nascere” … disse qualcun altro.
E l’amore di Elisa, raccontata in un diario, un piccolo libricino d’amore, la sua relazione con un uomo affascinante e bello. Nelle pagine di questo diario si crea un colloquio con la sua cara mamma, la quale non potrà comunque corrispondere. Un giorno, come tanti, dimentica il diario su un treno e il diario finisce nelle mani di un’altra viaggiatrice. La viaggiatrice che era seduta di fronte ad Elisa aveva notato durante il viaggio uno strano abbigliamento della ragazza ed un fondo di tristezza nel suo sguardo fisso fuori dal finestrino, con gli occhi lucidi, arrossati, forse da un pianto. La ragazza teneva stretto a sé questo libricino che, nella fretta di scendere alla sua stazione, dimentica sul treno. Allora, incuriosita, incomincia a leggere il diario della ragazza e, nelle parole della dolce e fragile Elisa, rivede sé stessa ed alcune fasi della relazione con il suo uomo che l’aveva lasciata. Questa diventa forse l’occasione per affrontare i suoi “fantasmi”.
Fantasmi e misteri che emergono in quella lettura e che si intrecciano in una avventurosa storia d’amore in cui c’è più di un cuore da salvare, ed io voglio salvare quel cuore.
– Nel libro emerge, infatti, la figura materna: quanto è importante per lei la figura materna?
Posso dirle che adoro mia madre. Ed è per questo che Dio ha voluto una madre: non solo per dare un ruolo o importanza anche alla donna. Senza una donna noi uomini dove possiamo andare? Immagina un uomo di successo che torna a casa e si ritrova solo, che senso ha avere successo se quando rientri non hai nessuno? Io quando torno a casa ho bisogno di qualcuno che mi gratifichi, ho bisogno di mia moglie e delle mie figlie.
- Quanto è importante per lei la famiglia?
Vorrei ribadire l’unicità della famiglia fondata sull’unione fra una donna ed un uomo. La famiglia è il santuario della vita. Essa, infatti, è sacra: è il luogo in cui la vita, dono prezioso, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui è esposta, e può svilupparsi secondo le esigenze di un’autentica crescita umana. La famiglia costituisce la sede della cultura della vita.
Alla famiglia spetta un ruolo decisivo, dove l’uomo apprende il segreto della pace, sperimentando il calore dell’accoglienza ed esercitandosi giorno dopo giorno nella disciplina degli affetti, nello sforzo della tolleranza, nell’impegno della comunione, anche se, purtroppo, anche in questo campo bisogna constatare che ai nostri giorni la famiglia deve fare i conti con crescenti difficoltà interne ed esterne, che rischiano di turbarne la serenità.
- Come fermare la spirale della violenza secondo lei?
Per superare la spirale della violenza sulle donne, è necessario ripensare gli interventi attraverso la bussola dei diritti umani, ragionando soprattutto sulla discriminazione sessuale, quella distanza di potere e risorse che ancora separa gli uomini dalle donne.
È importante per le donne vittime della spirale della violenza psicologica e fisica, far capire che non sono sole, ma che hanno la possibilità di essere accompagnate in un percorso di liberazione accedendo al supporto di uno psicologo, legale e informativo dei centri antiviolenza, la violenza contro le donne vuol dire anche puntare sulla collaborazione tra le Istituzioni. Occorre iniziare dalle scuole ad impartire l’educazione al rispetto della donna, non c’è altra soluzione.
Spiegare che gli amori finiscono e che nessuno è proprietà di nessuno. Non bisogna seguire, pedinarle, renderle la vita difficile, molestarle o altro, semplicemente occorre rassegnarsi perché anche la rassegnazione è un sentimento umano e nobile ricco di dignità. La stessa miserabile dignità che ci accompagna tutti nella nostra seppur già breve esistenza. Bisogna educare i ragazzi all’uguaglianza intervenendo sulle nuove generazioni affinchè il fenomeno sia arginato.
- Quanto è importante le prevenzione?
Il tema prevenzione riguarda in primis il nostro quotidiano quindi famiglia e scuola, che devono tornare a essere strumenti privilegiati per l’educazione. Dobbiamo superare queste strutture mentali che non funzionano e scardinare i meccanismi tossici del possesso.
Serve più controllo, bisogna individuare gli algoritmi tossici che diffondono contenuti pericolosi e che spesso vengono emulati. E poi dobbiamo lavorare sul tema etico della comunicazione.
Vorrei ringraziare per la sensibilità e generosità dimostrata l’Amministrazione comunale altamurana e l’Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Altamura Angela Miglionico, gli artisti Cinzia Clemente, Guido Manfredi e Nicola Albano.


