I ragazzi tarantini protesteranno mai contro l’Ilva?
I ragazzi tarantini protesteranno mai contro l’Ilva?

Credo la maggior parte, se non probabilmente la totalità, di voi lettori avrà letto o sentito parlare dei recenti avvenimenti in quel di Firenze: i pestaggi ai danni ai danni di due ragazzi da parte di degli “squadristi nel terzo millenio”, la lettera aperta della preside Savino, l’immediata risposta del ministro Valditara e la manifestazione degli studenti fiorentini che ha visto la clamorosa (ma neanche esageratamente) partecipazione della neosegretaria del PD Elly Schlein.
In un mondo ormai vinto dalla disillusione nei confronti della politica, sembra quasi assurdo che una manifestazione sia riuscita a raccogliere un tale elevato numero di consensi fra i giovani (parliamo di oltre 1000 studenti).
Sembra assurdo ovunque ma nel Meridione pare quasi surreale: il Sud è da sempre vittima di una patologica apoliticità che ha finito col tagliarlo categoricamente fuori da ogni grande manifestazione, primo fra tutte il ’68.
Le cause sono molteplici e di incerta rilevanza. Certamente l’eterno legame che lega il Meridione con la Chiesa (per usare un eufemismo, nemica giurata del progresso) ha rivestito un ruolo di assoluta importanza, così come la ritardata industrializzazione ed il sostanziale analfabetismo in cui il Sud, fino a qualche decennio fa, vessava.
“Siamo figli dell’ambiente che ci cresce” si suol dire ed, anche in questo contesto, questa citazione non sembra sfigurare. Così come i loro avi, i ragazzi appartenenti alla generazione Z sembrano totalmente disinteressati alla vita politica che, così agendo, finirà col gravare sulle loro spalle come un masso da trascinarsi dietro per tutta la vita. La loro è una funzione, per adoperare un ilare neologismo, “ciottolica”: sono come ciottoli posti lungo la riva di un fiume che scorre sui loro corpi, levigandoli, mentre loro si crogiolano nel loro immobilismo.
Eppure in Puglia e, più specificamente, a Taranto un terribile mostro grava sulle spalle dei cittadini da tempo immemore: l’Ilva o, meglio, le Acciaierie d’Italia. Dunque motivi per cui lottare ve ne sarebbero eccome ma nonostante ciò i nostri ragazzi sembrano totalmente indifferenti ai cambiamenti (o ai mancati cambiamenti) del mondo che li circonda.
Passeggiando fra i ragazzi in attesa del suono della campanella, s’inseguono affermazioni preziose riguardo ai pensieri di questa generazione.
“La mia presenza ad uno sciopero non cambierà nulla nel mondo”: dichiara Michelangelo, studente di Taranto, di fronte ad un gruppo di ragazzi che provano a convincerlo a partecipare alla manifestazione del Friday for Future. “Ad un ministro cosa potrà mai interessare di cosa io penso o voglio?”. Questo è la sfiducia di cui i nostri ragazzi sono vittime: vedono i ministri (o in generale la classe dirigente) come uomini distanti, distanti da loro e dai bisogni delle fasce più infime della piramide sociale.
“La sovranità appartiene al popolo” ormai appare come nient’altro che uno slogan pronunciato senza comprenderne realmente l’essenza.
Dai ragazzi di Firenze, i nostri ragazzi avrebbero molto da imparare: prima fra tutte, la capacità d’indignarsi, storicamente prerogativa dei giovani, ancora colmi dell’illusione di poter dare una svolta alle cose, ancora non preda di quell’amara consapevolezza di vacuità che colpisce chiunque abbia fatto più e più volte i conti con la vita.