“PerdutaMente” Alzheimer
Parole, tempo e amore sono al centro dell’emozionante documentario “PerdutaMente” di Paolo Ruffini e Ivana Di Biase. Dopo lo splendido lavoro teatrale “Up&Down – Un film normale”, Ruffini ha girato l’Italia per raccontare, senza inseguire la commozione facile, storie di uomini e donne colpiti dall’alzheimer.
Lo abbiamo intervistato per comprendere meglio il senso di questo lavoro.
Paolo sei oramai riconosciuto come artista poliedrico: tutti hanno avuto modo di apprezzarti come attore ma a un certo punto hai cambiato registro dedicandoti a documentari dagli argomenti piuttosto impegnativi. Cosa ti ha portato ad affrontare il tema dell’alzheimer?
Direttore io continuo la parte comica della mia carriera ma ho voglia di scoprire cose nuove. Questa è la domanda più difficile che potessi farmi. Quando mi dicono se ho avuto in casa qualche persona cara affetta da questa malattia, rispondo di no. Ciò che mi muove è sempre la curiosità, PerdutaMente non è un’opera scientifica o di divulgazione. Questo film è un prodotto che ha saputo appassionarmi, questa malattia mi ha colpito profondamente e credo che in questi anni, a causa della pandemia, sia stata fortemente sottovalutata. Persone con malattie invalidanti in quaranta metri quadrati di casa non sono state calcolate da nessuno. Questo film vuole essere una carezza a tutte queste sofferenze.
Tu hai fatto una dichiarazione molto bella: non penso sia il film più bello che ho fatto ma certamente è il più bello che ho visto.
Ebbene si e sono pronto a ripetertelo.
È il più bello che ho visto perché l’ho vissuto da spettatore. PerdutaMente è un documentario che abbiamo realizzato compiendo miracoli: ho intervistato persone che il giorno dopo si sono chiuse in se o che il giorno ci ha impedito di girare. Un lavoro cinematografico toccato da Dio e grazie al quale ho capito tante cose. Non bisogna sperimentare cose tragiche per apprezzare la vita, non dobbiamo accorgerci di una cosa importante solo perché ne ho provata una brutta. Quando vai in una casa dove ce tanto dolore la prima cosa a cui pensi è: io da qui esco e loro rimangono. Una considerazione necessaria: il tempo che al cinema viene cristallizzato in realtà nella vita scorre, 3 persone protagoniste e che ho coinvolto in questi 18 mesi, oggi non ci sono più e ti fa capire che in realtà la nostra vita non è cinema ma ti aiuta se visto come quella carezza che ti dicevo prima.
Tu, con la coregista Ivana Di Biase, hai attraversato l’Italia per intervistare i parenti e conoscere i malati. Hai detto che questa è una patologia che solo l’amore può curare e nessuna altra medicina: considerazione quanto mai vera. Quanti sono i malati in Italia?
1 milione e 200mila casi in Italia ma a mio giudizio è un problema che coinvolge molte più persone. Se considerate che ogni nucleo famigliare è composto da 3 o 4 persone, ritengo che l’alzheimer colpisca sei milioni di persone di riflesso. Direttore il familiare a volte va via prima del malato perché non riesce a sopportare il peso emotivo più della malattia stessa: l’alzheimer ti porta via ogni traccia di te, della tua emotività. La malattia ti toglie tutto quello che hai nel corpo ma, come Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare, io non so chi sei, io non so chi sono ma ti amo, questo film vuole essere una autentica dichiarazione d’amore.
La farmacologia in passato determinava la sedazione forzata di determinati malati
È giusto ricordare che queste persone, 50 anni fa, venivano sbattute in manicomio. Stessa condanna che spettava a omosessuali, a uomini e donne affetti dalla sindrome di down, o semplicemente dei bambini vivaci. Questo Paese sta facendo dei passi avanti anche come sistema di welfare circa il trattamento di certe patologie con una corretta distinzione tra neurologia e psichiatria evitando la grande confusione del passato.
L’ho capito anche io: il segreto sta nel non far sentire sole le persone! Io non sono un’istituzione ma un clown che ogni tanto fa qualcosa: è strano che un menestrello come me debba sensibilizzare le coscienze su questo tema, credo che qualcuno certe cose debba dirle più forte e far sentire le famiglie meno sole. Ci sono ragazzi che muoiono anche a 35 anni, dire “ti capisco” a certe persone e come dire ti amo.
Per adesso PerdutaMente verrà distribuito nelle sale cinematografiche, ci sarà la possibilità di vederlo presto in tv?
Direttore intanto il film sarà nei cinema ma posso annunciarle che anche Sky lo ha acquisito e a settembre, mese mondiale dell’alzheimer, è previsto l’acquisito da parte di Rai che lo manderà in onda
Al termine di questo percorso qual è la storia che più ti ha toccato?
È davvero difficile rispondere, credo che la storia che mi ha colpito di più sia quella di una donna di 86 anni con Alzheimer che ha un figlio disabile di 62 anni rimasto a 6 mesi di vita.
Ero davanti ad un uomo grande e grosso ma che sembrava nei comportamenti un bambino: la donna è invece convinta di averne 22 di anni. Vedere lui che piange e lei che non riesce a cullarlo è stato incredibile, in quel caso due fragilità cognitive che si appoggiano l’una con l’altra: lui riesce a sentire la malattia della madre e viceversa. Direttore la vita ci appare spesso sempre più debole ma al contempo straordinaria, anche quando è feroce. Sono abituato a dire che la vita è ferocemente straordinaria
Penso, in conclusione, che i politici siano i primi ad essere affetti da Alzheimer, dimenticano spesso gli impegni presi. Scusami per questo piccolo sfogo, voi siete bravi nella tua attività informativa e divulgativa che in questo periodo è importante.
Salvatore Perillo