Farm to Fork, base dell’European Green Deal
Cibo, salute, pianeta, futuro. Dati e cifre su cos’è e come funziona la strategia. Intervento di Maria Grazia Mammuccini (presidente FederBio) e del ministro Teresa Bellanova.
In questo particolare momento storico in cui l’Europa, con il Green Deal e le strategie Farm to Fork e biodiversità, sta puntando fortemente sul biologico, l’Italia non può permettersi di perdere l’opportunità per accelerare il percorso di transizione verso il modello biologico e perdere il proprio ruolo di leader come numero di operatori. Anche Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, lo sostiene: “Siamo molto soddisfatti che la ministra Bellanova abbia evidenziato il biologico come un driver fondamentale per lo sviluppo agroecologico, auspicando che l’approvazione definitiva della legge sul biologico avvenga già nei prossimi mesi”.
Un’occasione da non perdere, dunque, visto anche il boom di domanda di prodotto 100% italiano a cui si è assistito negli ultimi anni. Una grande sfida per tutta l’Europa, altresì, è la strategia Farm to Fork (dalla fattoria a tavola), cuore del nuovo Green Deal (Patto Verde), percorso green per raggiungere, entro il 2050, la neutralità climatica nel nostro continente.
La strategia Farm to Fork (F2F) è il piano decennale messo a punto dalla Commissione europea per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente. È la prima volta che l’Unione europea cerca di progettare una politica alimentare che proponga misure e obiettivi che coinvolgono l’intera filiera alimentare, dalla produzione al consumo, passando naturalmente per la distribuzione. L’obiettivo di fondo è rendere i sistemi alimentari europei più sostenibili di quanto lo siano oggi. Ogni Stato membro dell’UE dovrà seguirla, adottando norme a livello nazionale che consentano di contribuire a raggiungere gli obiettivi stabiliti dell’UE. I Paesi membri godranno di eventuali misure di sostegno aggiuntive nel corso dell’implementazione della strategia.
La strategia Farm to Fork è in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile e il suo intento è anche quello di innescare un miglioramento degli standard a livello globale, attraverso la cooperazione internazionale e le politiche commerciali che coinvolgono i Paesi terzi. Il tentativo dell’UE, insomma, è da un lato quello di dare avvio alla propria transizione ecologica, e dall’altro evitare che nel resto del mondo vengano messe in atto pratiche non sostenibili. Una sfida ambiziosa che vede l’agricoltura protagonista nel suo contributo alla riduzione del 50% dell’utilizzo dei fitofarmaci di sintesi e degli antibiotici, nonché del 20% dei fertilizzanti chimici. L’obiettivo per l’agricoltura biologica è raggiungere, come minimo, il 25% della SAU (superficie agricola utilizzabile).
Un quadro in cui l’Italia non solo sta già facendo la sua parte ma in cui la sua reputazione per la qualità dei prodotti e la serietà dei controlli è già ben alta, come dimostrano a pieno i dati relativi al 2019 che dimostrano la salute del settore: dal 2010 il numero degli operatori è cresciuto del 69%, mentre gli ettari di superficie biologica coltivata sono aumentati del 79%. Secondo le analisi, difatti, nel 2019 in Italia si è arrivati a sfiorare i 2 milioni di ettari di superfici biologiche, con un incremento rispetto al 2018 di quasi il 2% di SAU. Ciò si è tradotto in 35 mila ettari in più in soli 12 mesi: una crescita non solo in termini di superfici ma anche di soggetti coinvolti nel settore, che sono saliti a 80mila 643 unità, con un incremento rispetto all’anno precedente del 2%.
L’incidenza della superficie biologica in Italia ha raggiunto nel 2019 il 15,8% della SAU nazionale, posizionandola di gran lunga al di sopra della media UE, che nel 2018 si attestava all’8,0%. Come per l’agricoltura italiana, il livello compositivo delle superfici resta stabile e definito dai 3 orientamenti produttivi che pesano sul totale per oltre il 60%: prati pascolo (551 mila 074 ettari), colture foraggere (396mila 748 ettari) e Ccereali (330mila 284 ettari). A queste categorie seguono, per estensione, le superfici biologiche investite a olivo (242 mila 708 ettari) e a vite (109mila 423 ettari). Tra i seminativi, che aumentano di poco più di 12 mila ettari, si confermano in crescita le coltivazioni biologiche a grano duro (6%); orzo (3%), riso (12%); girasole (26%), soia (15%), erba medica (8%); pomodori (21%), legumi (13%). Tra le colture permanenti sono da rilevare gli incrementi positivi di olivo e vite, delle superfici ad agrumi che tornano ad aumentare, dopo la diminuzione del 2018, di un +3%. Infine, sono interessanti gli incrementi registrati dalle mele e dalle pere, le cui estensioni raggiungono rispettivamente 8mila 235 e 2mila 788 ettari.
Quanto agli operatori, le Regioni che ne registrano il maggior numero sono la Sicilia (10mila 596 unità), la Calabria (10mila 576) e la Puglia (9mila 380). Nuove regioni si affacciano al biologico con incrementi interessanti: è il caso delle Marche (+32%), Veneto (+13%), Lazio (+8%), Umbria (+6%). E se quest’ultima Regione ha confermato nel 2019 una crescita già iniziata nel 2018 (+8%), Regioni come l’Emilia-Romagna (+2%), la Lombardia (+3%) e la Provincia Autonoma di Bolzano (+4%) confermano il trend positivo che avevano fatto registrare nel 2018.
L’evoluzione positiva del settore si riscontra anche dai dati sul mercato interno del biologico: secondo le stime ISMEA, gli acquisti di prodotti certificati sono aumentati del +4,4% nel corso dell’ultimo anno, superando 3,3 miliardi di euro (Ho.re.ca e Green Public Procurement non compresi) e facendo salire l’incidenza complessiva del biologico sul carrello della spesa degli italiani al 4%. La situazione emergenziale, unita ad un fenomeno già evidente da qualche anno, conferma la spinta che la Grande Distribuzione Organizzata (GDO) sta imprimendo al mercato biologico. Mostrando, durante il lockdown, un incremento delle vendite nei supermercati del +11%. I numeri descrivono una situazione eterogenea lungo lo stivale, che vede il Nord del Paese esprimere oltre il 63% del valore mentre le aree del Sud spendere meno e in altri canali (il 77,5% della spesa Bio stimata al Sud passa attraverso il canale tradizionale). Gli italiani continuano a premiare il biologico nel fresco (frutta +2,1% e ortaggi +7,2%) e in alcune categorie specifiche, da tempo portabandiera del settore (per esempio uova +9,7%). Durante il lockdown tutti gli ingredienti necessari per la produzione casalinga di pasta o pizza sono andati a ruba (farine Bio +92%, base e pizze +63%).
Relativamente alle importazioni di prodotti biologici da Paesi terzi, nel 2019 si è registrato un incremento complessivo del 13,1% delle quantità totali rispetto al 2018. I cereali, le colture industriali e la frutta fresca e secca sono le categorie di prodotto biologico più importate, con un’incidenza rispettivamente del 30,2%, 19,5% e 17,0%. Tale crescita è da attribuire alla sostanziale tendenza positiva dovuta all’aumento del volume importato per la categoria di colture industriali (+35,2%), di cereali (16,9%) e per la categoria che raggruppa caffè, cacao, zuccheri, tè e spezie (+22,8%).
Complessivamente lo stato del biologico italiano mostra che ci sono ampi spazi per dare modo alle imprese agricole e della trasformazione di essere competitive nello sviluppo di attività produttive ed economiche, in chiave di aggregazione, innovazione e internazionalizzazione. Al riguardo, l’informativa del ministro Teresa Bellanova:
“Al Ministero si è impegnati ad avviare le necessarie consultazioni al fine di individuare gli obiettivi strategici previsti dal Farm to Fork ed individuare le risorse che saranno messe a disposizione per i diversi comparti del biologico”.