Agricoltura in Puglia: quale futuro
Dirigenti di Confagricoltura nazionale e della Puglia hanno incontrato, con colloqui separati, una rappresentanza degli schieramenti politici impegnati nelle prossime elezioni regionali. Nello specifico, i candidati governatori Michele Emiliano (uscente), Raffaele Fitto (centrodestra), Antonella Laricchia (Movimento 5 Stelle).
I temi del contendere sono stati il futuro economico della Puglia, l’ambiente, il lavoro e le strategie per affrontare le emergenze. Tra i vertici di Confagricoltura che hanno partecipato al confronto vi è stato il presidente nazionale, Massimiliano Giansanti; il presidente regionale pugliese, Luca Lazzàro; il direttore generale pugliese, Francesco Pastorino. “È stato un confronto produttivo e sereno sui temi dell’agricoltura e sullo sviluppo del territorio”, ha spiegato a margine degli incontri Lazzàro che ha aggiunto: “È stato fondamentale ascoltare le parti in causa e rappresentare le emergenze del settore. In questo momento storico, in cui l’economia è messa a serio rischio dalla crisi causata dal Covid-19, una maggioranza efficace ed efficiente alla guida del Governo della Puglia, con una opposizione critica ma costruttiva, possono fare la differenza. L’agricoltura che va sostenuta maggiormente è quella su ampia scala, che produce lavoro e benessere per l’imprenditore nonché per il territorio che ospita l’azienda. L’impresa agricola deve essere resa competitiva senza soldi a pioggia, che non servono a migliorare lo sviluppo bensì con interventi mirati e procedure snelle”. Sul lavoro a basso costo, poi, Lazzàro non ha dubbi: “Non è una soluzione e bisogna spingere sulle nuove tecnologie”. Per far fronte alla profonda ferita inferta al territorio dalla Xylella fastidiosa, il presidente regionale ha specificato che “si deve puntare sul monitoraggio per evitare ulteriori contagi e sulla ricostruzione”. Riguardo il Programma di sviluppo rurale (PSR) e la Politica agricola comunitaria (PAC), Lazzàro ha altresì precisato che “la Puglia è la prima Regione agricola e dobbiamo tutelarla non solo con il PSR, ma più in generale con la riforma della Politica agricola comune. Il dibattito sul futuro della PAC non può andare avanti senza tener conto di quello che è accaduto e si sta verificando causa il Covid-19, come se niente fosse avvenuto”. Il presidente Lazzàro, inoltre, ha rilasciato alla stampa una propria riflessione sulla raccolta in corso dell’uva da tavola: “I dati e le informazioni che provengono dai produttori pugliesi compongono un quadro caratterizzato da andamenti differenti per le diverse varietà e per i territori; tuttavia, la qualità è al momento mediamente ottima. Al momento, mentre è in pieno corso in Puglia la raccolta delle varietà Vittoria, Black Magic e Cultivar Apirene, persistono incertezze sul prezzo.
Le quotazioni stanno subendo un ribasso medio del 15 per cento dovuto alla concorrenza straniera”. Secondo il più recente rapporto Ismea, in Puglia sono circa 24500 gli ettari coltivati a uva da tavola. Sebbene la Regione sia di straordinaria importanza nel panorama italiano, le esportazioni sono sempre più minacciate dai paesi produttori emergenti. Il rispettivo comportamento organizzativo sta guadagnando quote sui principali mercati di sbocco grazie a uve offerte a prezzi competitivi. Sempre secondo il più recente rapporto Ismea, l’andamento delle esportazioni italiane di uva da tavola, registrato tra il 2014 ed il 2018, evidenzia una sostanziale stabilità in termini di volumi intorno alle 450mila tonnellate. L’aumento dei prezzi medi ha determinato la crescita degli introiti da 560 a 665 milioni di euro, a valori correnti. Per quanto concerne i mercati di sbocco, i paesi dell’Unione Europea hanno un peso enorme assorbendo in media il 90 per cento delle esportazioni complessive. Oltre alla quota detenuta dai Paesi dell’Unione Europea va considerata anche quella appannaggio della Svizzera che detiene una quota del 5% e della Finlandia con un ulteriore 1%. I maggiori clienti dell’Italia sono Germania, Francia e Polonia. La Germania, soprattutto, è attiva con circa un terzo dell’export complessivo. A seguire, la Francia che detiene il 18%, e la Polonia il 9%.