Taranto, incendio Lido Silvana – Quel maledetto 25 giugno di 16 anni fa brucia ancora | FOTO e ARTICOLI
Andarono in cenere 40 ettari di macchia mediterranea, 13mila alberi di pino, una decina di attività commerciali. Una ferita mai rimarginata
«Faremo di tutto per salvare la stagione turistica. I danni sono ingentissimi: ci troviamo al cospetto di un autentico disastro».
Il calore del sole con i raggi che ti pizzicano le gote. Il vento che sa di salsedine che ti accarezza il viso quasi fisicamente e ti scompiglia i capelli come a marcare la sua presenza. La sabbia che arroventa i piedi, va oltre il piacevole, non li coccola di certo, va di suo e si appiccica alle ciglia: marca il territorio. L’odore intenso dei pini e il cinguettio degli uccellini in una giornata di fine primavera. Con gli occhi ancora chiusi e l’eterno vento che ti zufola sulle orecchie, suggestionato da uno spettacolo naturale unico nella provincia jonica, ti sembra di ascoltare ancora i bambini che corrono e ridono sulla riva del mare mentre una mamma li chiama parlando una lingua che non è la tua, forse il francese, chissà, magari è inglese o, boh, tarantina non è di certo. Assaporare l’odore di una grigliata di carne speziata proveniente dalla
pineta di Lido Silvana, il Campo Nord alle tue spalle. Un villaggio in festa e le decine di attività commerciali che già di primo mattino sono pronte per offrire il massimo a turisti e villeggianti.
Appena riapri gli occhi, il tuo virtuale viaggio dei cinque sensi, complice la luce del sole troppo forte da farti strizzare le palpebre, si infrange contro quel “faremo di tutto per salvare la stagione …” che sembra impresso tutt’intorno, terribile display sul reale. Fu la prima dichiarazione rilasciata a La Gazzetta del Mezzogiorno dall’allora sindaco di Pulsano, Luigi Laterza.
Era il 25 giugno 2001 quando un incendio polverizzò, in poche ore di un torrido pomeriggio d’estate, 75 anni di storia e di sudore dei pulsanesi. E con essi 40 ettari di macchia mediterranea, 13mila alberi di pino, una decina di attività commerciali. Non si salvò nemmeno il “supercamping dei turisti”, come veniva chiamato il campeggio di Lido Silvana. Unici a resistere i ricordi belli e brutti di questi posti che hanno scandito – fino a quel drammatico pomeriggio di 16 anni fa – le vacanze estive di migliaia di villeggianti che arrivavano da tutto il mondo solo per il mare di Pulsano.
Racconta Francesco, uno dei pulsanesi che quella zona l’ha vissuta e la vive tuttora: «La visione che si presentava agli occhi degli increduli passanti era apocalittica, sembrava fosse appena terminato un bombardamento: la zona in un solo giorno era cambiata talmente tanto da non essere più riconoscibile. L’odore acre di bruciato rimase per settimane e lo scenario, dopo la rimozione degli scheletri dei pini, si presentava ancor più desolante, quasi desertico, in un luogo in cui, prima dell’accaduto, la luce del sole non riusciva nemmeno a filtrare tra il verde per illuminare la strada. Gli alberi che su viale dei Micenei avevano creato per centinaia di metri un tunnel naturale alto decine di metri, erano solo un ricordo».
E i fatti – anzi, no, i non fatti – successivi dimostrarono che non solo la stagione di quell’anno non si salvò, come al contrario aveva promesso l’Amministrazione Laterza, ma non si sarebbero salvate neppure la successiva e l’altra ancora, fino a quella del 2017.
E oggi, 16 anni dopo, cos’è Lido Silvana? Strano a dirsi, ma, attutito il dolore iniziale, sbollita col tempo la rabbia dell’impotenza, accettato nella mappa della zona l’intruso ceneratoio, metabolizzata la perdita economica in scia crescente al disastro, Lido Silvana si rifugia nei ricordi.
Bei ricordi che tarantini e pulsanesi custodiscono gelosamente, raccontando con grande emozione e nostalgia gli anni precedenti la catastrofe. Di quando, per esempio, gli stranieri veicolavano nel mondo immagini e racconti sulle ricchezze naturali di questa zona facendola diventare la massima attrazione turistica degli anni ‘80/‘90.
«A marzo con nostro stupore si vedevano già i primi turisti in zona. Li riconoscevamo dai sandali estivi, mentre noi», va indietro con la memoria Filippo, 18 anni all’epoca, «eravamo ancora coperti dai cappotti. In primavera Lido Silvana rinasceva e si ripopolava di tedeschi, russi, inglesi, francesi che riempivano spiagge e bar. Fino alle sere d’agosto e settembre inoltrato, quando quel tratto brulicava di gente. Ricordo che da piccolo
mi imbambolavo davanti al negozio in cui si batteva l’asta di quadri, più avanti c’erano le sale gioco, diversi altri localini, sempre pieni di ragazzi e di vita! Poi, quel maledetto pomeriggio, quelle stramaledette fiamme, quello stramaledettissimo vento! Era il primo pomeriggio, e dal
promontorio di Montedarena vedemmo formarsi delle nuvole, nere come la pece. La curiosità ci portò a vedere con i nostri occhi quello che stava per accadere. Erano gli ultimi respiri del giardino paradisiaco, la morte di quell’estate e di quelle future. Le lingue di fuoco degli alberi si curvavano per la forza del vento, in modo
impressionante. Le vedevamo a qualche chilometro di distanza. Ma era solo il preludio dell’inferno».
Sarebbe anacronistico adesso soffermarsi sulle cause, sulle colpe o puntare il dito sui ritardi con cui i mezzi di soccorso arrivarono sul posto. Le cronache di quel giorno sono diventate storia trita e ritrita, ad ogni anniversario di quel triste 25 giugno 2001, aprono le stesse polemiche e ferite mai rimarginate.
L’Amministrazione provinciale, guidata da Domenico Rana, mise sul tavolo subito un miliardo delle vecchie lire e 100 lavoratori “socialmente utili” per ripristinare la zona e
«dimenticare subito quelle fiamme», disse alla stampa.
«Quei soldi non sono stati sufficienti neanche per mettere in sicurezza e per bonificare tutta l’area interessata dall’incendio. Fu evitata una strage di vite quell’anno solo perché il camping era chiuso al pubblico e quell’anno non sarebbe stato aperto». A parlare è uno dei pochi imprenditori che subito dopo il disastro si è rimboccato le maniche per rimettere in piedi la sua attività. «Fu anche aperto un conto corrente per raccogliere delle donazioni. Di quel fondo», precisa, «solo 3 di noi hanno ricevuto poco meno di 2mila euro».
La zona, come ci raccontano coloro che hanno voluto ricominciare dopo la disgrazia, non si è più ripresa. E quando chiediamo se si sono sentiti abbandonati dalle istituzioni ci rispondono con le parole strozzate da un nodo in gola e dagli occhi lucidi : «Un po’ sì».
Adesso Lido Silvana è là, in attesa che qualcuno con una visione imprenditoriale seria decida di ridarle il ruolo che si era guadagnato sin dagli anni ’50 quando, racconta un vecchio gagà dell’epoca, era stata battezzata con quel nome «in omaggio alla bellissima dell’epoca, l’attrice Silvana Pampanini che aveva ispirato a Totò la canzone Malafemmina». Di sicuro c’è che nel 1958 la zona fu scelta dal regista Turi Vasile e dalla Titanus per girare il film di successo
nazionale Promesse di Marinaio. Molto ambientalista appare, invece, la spiegazione di un altro anziano signore che tutti chiamano professore: «Non diciamo sciocchezze, Silvana sta per zona della selva, quella che è andata in fumo». E sulle ali dell’entusiasmo va quasi sul recitato: “C’è stato un tempo in cui vivevo gli inverni solo perché dopo sarebbe arrivata l’estate. C’era un posto in cui queste mie estati nascevano e morivano, un posto dove il sole si spezzava tra i rami dei pini, il mare parlava e le lucertole scivolavano nelle crepe dei muri, il posto che per me era il foro di un imbuto da cui gocciolava la vita. Ora quel posto non c’è più, quelle estati sono finite. Solo la memoria rimane”. Ma non le abbiamo lette già da qualche altra parte queste parole? Sarà, ma
c’azzeccano.
Ricordi collegate alle foto
Cècilie scrive dalla Francia: «A Lido Silvana ho passato tutta la mia infanzia dal 1972 al 1981 almeno… Qualche anno fa, mentre facevo delle ricerche via web per trovare qualche foto di quei posti, mi sono imbattuta nella notizia dell’incendio. E’ stato terribile. Ed anche a distanza di anni ed anni, sapere che quel posto, che ancora oggi anima la mia memoria col suo odore di eucalyptus e di pino secco, è morto per sempre, mi ha straziata questa sera… »
Filippo Stellato: «Sembrava di stare in uno scenario apocalittico, fiamme altissime, fumo, esplosioni di tutti i generi. Si era creato un tunnel di fuoco altissimo ed in mezzo vedevo la strada che bolliva, i lampioni stradali liquefarsi per il calore intenso, fumo acre che non ti faceva respirare. Ho potuto assistere al lavoro di 2 Canadair ed un elicottero che caricavano acqua dal mare per poi liberarla sui pini in fiamme. Si può immaginare, da parte mia e dei presenti, il senso d’impotenza nel vedere un luogo dell’infanzia, magnifico, bruciare sotto i nostri occhi».
Marco Rubertelli: «Ho un ricordo indelebile di quell’estate del luglio 1982, ovviamente anche se sono passati tanti anni. Non avevamo la tv e vedemmo la partita da alcuni signori tedeschi all’interno del Campo Sud di Lido Silvana. Alla fine molto sportivamente si complimentarono, dopo….il finimondo. Ricordo il viale esterno pieno di macchine e clacson, una festa fino a tarda notte su viale dei Micenei a Lido Silvana. Un’estate che non dimenticherò mai passata con i miei genitori e gli amici che vedevo ad ogni vacanza estiva, la maggior parte tutti stranieri».