Ilva – Gli operai: “Lavoriamo in costante pericolo”. Ecco le foto dei reparti.
Continuano a giungerci dall’interno dell’acciaieria Ilva di Taranto numerose segnalazioni corredate da foto che immortalano come i lavori di ambientalizzazione della fabbrica siano in alto mare.
Ormai sono gli stessi operai, non sentendosi più al sicuro, che, dopo la morte di Alessandro Morricella – l’operaio arso vivo da una colata di ghisa incandescente mentre controllava la temperatura della stessa – hanno iniziato a raccontare cosa avviene nella fabbrica.
Loro, gli operai, non si sentono più al sicuro e si rendono conto che i lavori di adeguamento degli impianti previsti dall’Autorizzazione Integrata Ambientale non garantiranno, fossero tutti ultimati, la loro incolumità.
Hanno capito che il sistema Ilva è molto complesso e che prima della loro vita ci sarà sempre la produzione nell’interesse del Paese.
Numerose, ci raccontano, sono le denunce fatte ai capireparto, capiturno fino ad arrivare al sindacato senza però ottenere i risultati sperati.
Le foto, che ci sono giunte, mostrano palesemente come le emissioni provenienti dai vari reparti interessati ( gestione rottami ferrosi, colata continua e acciaieria1) siano continue ed incontrollate. Queste sono tanto pericolose per gli addetti ai lavori quanto nocive.
Nella prima foto si nota un carro siluro posto nella zona denominata “acciaieria1” (acc1).
Il carro siluro, ci spiegano gli operai, sia carico di ghisa che scarico, emette un fumo di colore arancione che non è altro che l’emissione della ghisa carica di ossidi di zolfo, ossidi di azoto, rame, piombo, nichel, ferro, cromo ed altri metalli. Il tutto a cielo aperto senza che questi fumi vengano o aspirati o convogliati.
Proprio in questa zona, ricordiamo, a settembre del 2014 morì un operaio mentre lavorava presso i binari dove viaggiano i carri siluro e, sempre lì, un carro siluro deragliò ad agosto 2014 versando per terra 200 tonnellate di ghisa liquida. L’emissioni dei carri siluro come dimostrano queste foto di qualche giorno fa, avvengono a cielo aperto e senza nessuna aspirazione o contenimento. Quindi nulla ancora risulta essere cambiato in quel reparto nonostante si dica che le prescrizioni AIA siano quasi all’80% rispettate.
La seconda foto ritrae la siviera. Lo scatto è particolare perché immortala la fase di apertura siviera nel reparto “colata continua 1” ( cco1). Anche in questo caso le emissioni di vapori sono incontrollate e si disperdono in tutta la zona circostante.
Quei fumi sono dannosi per la salute dell’uomo ed in passato si sono verificate intossicazioni di operai per i fumi da siviera. Inoltre, si notano sfiammate notevoli che si spigionano durante la lavorazione della ghisa. Gli operai hanno le protezioni ma ricordando il caso di Morricella: se quella ghisa dovesse raggiungere qualcuno di loro per un inconveniente, quelle tute sarebbero sufficienti? La distanza degli operai dalla siviera è minima, probabilmente è quella consentita nelle pratiche operative. Ed ancora, perchè accanto a questi e a pochi metri dall’apertura siviera ci sono teli di plastica e cartoni, materiali facilmente infiammabili?
Infine, altri problemi sorgono nel reparto “gestione rottami ferrosi” (grf). Qui le prescrizioni AIA non hanno cambiato nulla o quasi. Non esistono cappe, neanche quelle mobili prescritte nell’AIA. Il grf non ha contenimenti sul terreno e pavimentazioni. Tutto viene ammassato sul suolo nudo. Le scorie incandescenti, poi, provocano delle combustioni con relative emissioni di sostanze in atmosfera.
Adesso, toccherà a chi di competenza, approfondire quanto gli operai raccontano e se quella fabbrica, gestita così, potrà mai essere compatibile con l’ambiente e la vita dei tarantini.
Antonello Corigliano